La manovra Monti ha inserito un tetto agli stipendi per i dirigenti della pubblica amministrazione, emolumenti spesso contestati dai cittadini per le alte cifre. Un tetto che stabilisce che nessun dirigente di pubblica amministrazione possa guadagnare di più di quanto guadagna il primo presidente della Corte di Cassazione. Sarà ora necessario, per rendere definitiva e applicabile tale norma, un decreto specifico del presidente del Consiglio entro novanta giorni dall’approvazione della manovra. Tale tetto non potrà essere superato neanche sommando, come talvolta accade oggi, lo stipendio con una o diverse consulenze esterne. Uno stop che toccherà magistrati ordinari e amministrativi, militari e contabili, avvocati e procuratori dello Stato. Non potranno, infine, dice la norma in questione, “ricevere a titolo di retribuzione o di indennità per l’incarico o anche soltanto per il rimborso spese più del 25% del trattamento”.
Secondo Antonio Naddeo, consulente del Consiglio dei Ministri e capo Dipartimento della funzione pubblica contattato da IlSussidiario.net, si tratta di “una norma giusta a cui si lavorava sin dai tempi del governo Prodi”. Un norma che però, aggiunge, per un motivo o per l’altro “non si era mai riusciti ad applicare in modo pieno per delle incertezze applicative che spuntavano sempre fuori”. Entrando nel dettaglio della normativa, Naddeo fa notare che anche questa volta, come in precedenza, è stato preso a riferimento come tetto massimo degli stipendi quello del presidente della Corte di Cassazione: “Trecentomila euro, il che è una cifra e una misura giusta. Le varie amministrazioni nell’ambito della normativa vigente si possono poi muovere a discrezione, considerando che ci sono i contratti collettivi e quelli individuali. Ma mettere un tetto alle retribuzioni e cercare soprattutto di parametrare gli stipendi dei dirigenti alle effettive responsabilità che questi hanno nel ricoprire le loro cariche la trovo una misura giusta”. Una decisione che probabilmente non farà contenti alcuni dei dirigenti dell’amministrazione pubblica: “Chi adesso sta sopra a quella cifra ovviamente non la prenderà bene. Consideriamo che ci sono oggi dirigenti e direttori generali con retribuzioni ben superiori a quella di 300mila euro. Io credo che nell’ambito della crisi che stiamo attraversando sia giusto anche qui chiedere un sacrificio”. Naddeo aggiunge sorridendo che nel suo caso la cifra è al di sotto per cui non si pone proprio il problema di un tetto da raggiungere.
Chiediamo a Naddeo se pensa che il nuovo governo si stia muovendo bene nell’ambito della pubblica amministrazione, anche rispetto a quanto stava facendo il precedente esecutivo: “Per quanto riguarda la pubblica amministrazione, il governo non ha fatto particolari interventi a parte questa misura del tetto degli stipendi e a parte l’accorpamento dei due grandi enti, l’Inps e l’Inpdap. Per quanto riguarda i tagli infatti era già stato fatto parecchio dal precedente ministero della pubblica amministrazione. Ho parlato personalmente con il nuovo ministro spiegando che quello che si può fare è una riorganizzazione ad esempio sulla mobilità del personale. In questo frangente il governo si doveva muovere in fretta per quanto riguarda i conti pubblici e questo lo sta facendo”.
“Anche la Commissione europea – conclude Naddeo – ha espresso parere favorevole a quanto fatto da noi in passato, è stato riconosciuto che la riforma della pubblica amministrazione e gli interventi fatti sono stati positivi. Adesso c’è da lavorare su come riorganizzare la pubblica amministrazione anche attraverso l’accorpamento di enti più piccoli. Prima però pensiamo a superare l’emergenza”.