Lunedì, Mario Monti sottoporrà al Consiglio dei ministri il pacchetto di misure draconiane necessarie per dare a istituzioni europee e investitori garanzie di solvenza relative al nostro debito pubblico. Tale pacchetto, successivamente, dovrà esser fatto digerire a tutte le parti coinvolte. In particolare, a lavoratori e pensionati. Praticamente, la maggior parte della popolazione. Tra le misure che maggiormente infuocheranno il dibattito, quelle relative alle pensioni. Secondo una delle ultime ipotesi, occorrerà legare le pensioni di anzianità (almeno 40 di contributi per andare in pensione a prescindere dall’età) alla cosiddetta “quota 100”. Ovvero, la somma tra l’età contributiva e quella anagrafica, deve dare almeno una tele somma. «Credo che vada fatto un intervento il cui l’obiettivo sia l’innalzamento graduale dell’età pensionabile e l’eliminazione del criterio dell’anzianità vada fatto», commenta, interpellato da ilSussidiario.net il senatore del Partito democratico Tiziano Treu.



«Tale innalzamento – continua Treu -, come ha detto a suo tempo anche il ministro Fornero, dovrà essere reso flessibile entro una fascia compresa tra i 62-63 e i 70 anni. All’interno di questo range,  chi andrà in pensione prima avrà dei disincentivi, chi più tardi, degli incentivi, a seconda dei criteri e dei coefficienti contenuti nelle tabelle attuariali». Se una proposta del genere venisse attuata, in pochi anni le pensioni di anzianità, nell’immediato sarebbero disincentivate e, col tempo, sparirebbero definitivamente. Resta il problema, tuttavia, di quei pensionandi che hanno iniziato a lavorare in giovane età; e che, pur avendo meno di 60 anni, hanno maturato 40 anni di contributi svolgendo dei lavori che difficilmente potrebbero continuare ancora per molti anni.



«Ci sono, effettivamente, delle persone, figlie di un’economia passata, che hanno iniziato a lavorare molto presto, a 15-16 anni. Sono, in realtà, ormai poche decine di migliaia. Sta di fatto che, per loro, specie se hanno svolto lavori usuranti, va fatto un discorso a parte». Per quanto riguarda il blocco dell’adeguamento delle pensioni già erogate all’inflazione, Treu sottolinea che «si tratta, per il momento, anche in questo caso, di indiscrezioni». Ma laddove si rivelassero confermate, il senatore non ha dubbi: «sarebbe una misura assolutamente sbagliata per le pensioni basse. Fermare l’adeguamento all’inflazione di un assegno che già di per sé non è sufficiente sarebbe un ingiustizia. Dal momento che Monti ha detto che occorre rigore ma anche equità, sarebbe un controsenso. L’unica strada percorribile, eventualmente, è quella del blocco dell’adeguamento per le pensioni alte».



Altro capitolo all’esame del governo Monti, le pensioni femminili. «La logica contributiva, con la fascia flessibile 63-70 anni, deve valere sia per gli uomini che per le donne». Ma con una differenza: «Dovranno poter beneficiare di un anno di bonus per ciascun figlio, laddove la donna ritenga di averne bisogno per dedicarsi alle proprie esigenze di cura. Questo eliminerebbe le discriminazioni di genere, pur nel riconoscimento delle differenze».