Si riaccende lo scontro sull’articolo 18 dopo le parole del ministro Elsa Fornero. «Roba da matti, toccare ora l’articolo 18 quando il problema è entrare nel mondo del lavoro, non uscirne. Il governo lo capirà, lo dovrà capire, altrimenti…», avverte in serata il segretario del Partito Democratico, Pier Luigi Bersani.
Una reazione che suscita gli applausi di Nichi Vendola, leader di Sinistra e Libertà: «Credo che sia assolutamente fondamentale definire le soglie invalicabili dal punto di vista della civiltà democratica di questo Paese. L’idea che un governo tecnico possa squassare i pezzi pregiati delle conquiste che il movimento operaio ha realizzato nel corso di una storia lunga un secolo, è politicamente irricevibile».
Il senatore democratico Tiziano Treu getta però acqua sul fuoco. «La Fornero stessa ha detto che non ha intenzione di aprire nessuna guerra. E comunque imbastire una polemica su questo tema in una situazione come questa è assolutamente fuori luogo – spiega Treu a IlSussidiario.net –. In realtà, dopo aver digerito l’amaro boccone della manovra, dobbiamo pensare alla crescita e agli ammortizzatori sociali. Il che vuol dire rassicurare le persone, compresi i disoccupati e dare spazio alle prospettive di crescita. Tutto il resto è un’arma di distrazione di massa. Solo quando la ripresa si sarà avviata e ci saranno gli ammortizzatori si potrà tornare a parlare di mercato del lavoro». Come vanno lette perciò le dichiarazioni di Bersani? «Il suo credo che sia un fuoco di sbarramento per dire che trattare il tema oggi è una follia. Non credo proprio che abbia voluto lasciare intendere che non se ne potrà mai parlare. O almeno, questa è la mia interpretazione. Ad ogni modo, meno se ne parla e più ci si occupa di cose serie e meglio è. Le guerre di religione non fanno altro che complicare i problemi». Rimettere in discussione l’articolo 18 è perciò inopportuno rispetto ai tempi e comunque non è la priorità da cui partire?
«Esatto. Bisogna partire dall’occupazione dei giovani e dalla semplificazione dell’accesso al lavoro. Nessuno parte più da qui. Nemmeno l’Ocse fa l’errore di partire di nuovo dal problema dei licenziamenti. Io non sono tra quelli che hanno tabù, ma procedere in questo modo è solo un danno».