Ha preso forma, divenendo – infine – legge dello Stato, l’incubo di molti lavoratori. Ovvero, la riforma del sistema pensionistico, in vigore dopo che il governo ha incassato anche al Senato la fiducia sulla manovra finanziaria. I margini d’azione per aggiunte e correzioni, benché limitatissimi, esistono. Grazie al Decreto Milleproroghe. Dal quale, ovviamente, non c’è da aspettarsi stravolgimenti delle norme sin qui introdotte. Walter Passerini, vicedirettore della scuola di giornalismo Walter Tobagi ed esperto di tematiche legate al mondo del lavoro, spiega a ilSussidiario.net quali saranno le più probabili modifiche. «Sarà introdotta la salvaguardia dei lavoratori precoci, che hanno iniziato a lavorare a 15-16 anni e si ritrovano con un’età contributiva ben superiore ai 40 anni. Hanno tra i 57 e i 59 anni e dovrebbero attendere i 64 per potere andare in pensione. Per costoro, l’uscita dovrebbe essere ricondotta attorno ai 60 anni senza particolari penalizzazioni». Con ogni probabilità, anche se non si può escludere del tutto, non saranno presi in considerazione i lavori usuranti. «La legge che, faticosamente, dopo 20 anni, era finalmente stata approvata, dava a chi rientrava in tali categorie la possibilità di andare in pensione con uno sconto di tre anni sulle “quote”. Per loro, oggi, continuerà a valere li sistema delle quote. Ma senza più lo sconto triennale». Secondo Passerini, si è persa, inoltre, l’occasione per una serie di misure e correzioni che si sarebbero rivelate determinanti. «Si sarebbe potuto introdurre una maggiore gradualità negli scaglioni. La logica contabile, tuttavia, l’ha resto impossibile».
C’è una seconda questione, ancor più decisiva: «È quella della cosiddetta “busta arancione”: nel momento in cui si applica a tutti il sistema contributivo, non aver contemplato la necessità di un sistema informativo individuale sullo stato della propria carriera contributiva è stato un grave errore». Con il nuovo regime, infatti, «si esige il dovere dell’informazione e del diritto a essere informati; la busta dovrebbe contenere l’estratto conto dei contributi versati e la previsione – ottenuta mediante proiezioni e simulazioni – della consistenza dell’assegno pensionistico futuro».
A oggi, esiste la possibilità di conoscere il proprio estratto conto iscrivendosi al sito dell’Inps. Tuttavia – aggiunge -, non è possibile disporre di una previsione della propria pensione». Non vi è traccia, infine, «dell’agevolazione della previdenza complementare di categoria». Un’ipotesi che gran parte dei lavoratori dovranno prima o poi prendere in considerazione, se non vorranno ritrovarsi con una pensione ben al di sotto delle propria aspettative.
(Paolo Nessi)