Con la manovra “salva Italia” presentata ieri sera, abbiamo scoperto che lacrime e sangue non è solo un modo di dire: gocce di pianto, effettivamente, sono sgorgate dai dotti ministeriali della Fornero nell’illustrarne le caratteristiche che le concernevano. E speriamo di fermarci qui. Alle lacrime, s’intende. Sta di fatto che la titolare del Welfare, per quanto tecnica, è pure umana. E la sua reazione ha rappresentato con efficacia il futuro che attende pensionati e pensionandi. «L’episodio è stato causato dalla tensione e dal coinvolgimento emotivo, oltre che razionale, di una persona che crede in quello che fa e in questo momento sta chiedendo grandi sacrifici agli italiani. Si tratta del disagio di una docente che deve fare i conti con delle persone in carne e ossa, sapendo che gli effetti non saranno indolori», spiega, interpellato da ilSussidiario.net Walter Passerini, vicedirettore della scuola di giornalismo Walter Tobagi ed esperto di tematiche legate al mondo del lavoro. Accertato il disagio del ministro nell’interrompersi al “sacr…”, resta da capire se la manovra sarà, quantomeno, adeguata al compito che le si attribuisce.



«Il provvedimento è fondato sul forte tamponamento delle uscite dal mondo di lavoro; tuttavia, manca del tutto di una parte fondamentale. Non si è spesa una parola sugli incentivi alle entrate», spiega. «Spero – aggiunge – che il governo se ne occupi in un secondo momento, quando sarà varata la manovra complementare a questa, relativa al mercato del lavoro; che dovrà contemplare anche ammortizzatori sociali e misure legate allo sviluppo». Secondo Passerini, sono tre, in particolare, le categorie che necessitano di maggiore assistenza nell’entrata (e nella permanenza) nel sistema assistenziale: «le donne, i giovani e gli over 50». Nello specifico, il problema dei giovani, come è noto, è il precariato e il doversi districare tra una costellazione di contratti para-subordinati che non assicurano né il futuro pensionistico, né il presente contributivo. «Le donne, invece, spesso hanno una vita contributiva intermittente e tribolata; centinaia di migliaia di over 50, infine, versano in una difficilissima condizione: in questi ultimi tre anni hanno perso il lavoro, hanno alle spalle una trentina di anni di contributi, e ben difficilmente saranno assunti dalle aziende».



Secondo Passerini, quindi, «senza questa manovra aggiuntiva, tra un anno saremo al punto di partenza». Tutto ciò, in ogni caso, potrebbe non bastare. «L’applicazione a tutti del regime contributivo, infatti, da solo non è sufficiente. La speranza di vita è elevatissima; una volta finito di lavorare, si vive ancora 25-30 anni. Il sistema previdenziale, quindi sul medio-lungo periodo non può reggere». Che fare, a questo punto? «Se non incentiviamo il ricorso alla previdenza complementare, formeremo delle generazioni sulla soglia della povertà». 



 

(Paolo Nessi)