Tra i punti del dossier Europa per il caso Italia elaborato da Olli Rehn, Commissario europeo agli Affari economici, c’è n’è uno che riguarda il lavoro e che ritiene necessario intervenire sulle rigidità del mercato italiano. Per esempio, relativamente al reintegro obbligatorio in vigore per le aziende con più di quindici lavoratori, viene indicata la soluzione del pagamento di un’indennità di liquidazione calcolata sulla base dello stipendio percepito. In buona sostanza, l’Europa ci chiede di compiere scelte decise in funzione del modello di Flexsecurity, ovvero tra il conciliare la massima e possibile flessibilità delle realtà produttive con la massima e possibile sicurezza per i lavoratori nel nostro mercato del lavoro, di fatto molto ingessato e contratto, e ritenuto una delle cause principali del deludente andamento dell’economia italiana.



È questo un problema che investe tutta la politica e che sottopone a tensioni gli equilibri interni dei partiti. Non si tratta di una contrapposizione tra destra e sinistra, ma trasversale, ovvero tra chi crede che sia necessario allinearsi ai parametri europei e chi non ritiene che ne valga la pena o che ciò sia possibile.



La visione europea del mercato del lavoro è racchiusa nella Carta europea dei diritti fondamentali, negli atti e documenti dell’Unione, in base ai quali si tutela la dignità della persona posta al centro di qualsiasi intervento, si punta a incrementare la partecipazione al mercato del lavoro promuovendo i principi di flessicurezza, la mobilità dei lavoratori e la conciliazione tra vita professionale e vita privata, e a sviluppare i sistemi di istruzione-formazione accrescendo le competenze dei lavoratori.

Qui è fondato l’auspicio per il completamento della riscrittura delle regole del mercato del lavoro italiano, nella fattispecie dello Statuto dei Lavoratori (legge del 1970) e del controverso articolo 18 del medesimo. A dimostrazione del dissenso tra europeisti avanguardisti e resistenti, proprio il Senatore democratico e giuslavorista Pietro Ichino ha da tempo raccolto 55 firme del suo gruppo al Senato (più della metà) a favore del suo progetto Flexsecurity, disegno di legge per la sperimentazione di un nuovo modello di protezione della sicurezza economica e professionale dei lavoratori dipendenti sulla base di accordi sindacali nelle aziende consenzienti. Il ddl prevede, anche, la riforma dell’articolo 18, nella direzione di una tutela solo obbligatoria e non più reale in caso di licenziamento per motivi economici od organizzativi. In poche parole, gli esiti di un licenziamento per le aziende con più di 15 dipendenti sono assimilati a quelli per le aziende fino a 15 dipendenti.



Si tratta di un regime generale ispirato al modello scandinavo e radicalmente alternativo all’articolo 18 e al regime oggi vigente in Italia. La proposta ricalca quanto previsto dal Contratto Unico, ovvero la previsione di un’indennità di licenziamento cui si aggiunge il trattamento complementare di disoccupazione, della durata di tre anni. Quello del Contratto Unico è un concetto che in Italia gira più o meno da una decina d’anni, da quando per la prima volta è stato proposto da Tito Boeri e Pietro Garibaldi. Era il 2002, e da allora sull’argomento c’è stato un continuo dibattito tra ideologie diverse, tra politica e sindacati. Secondo Elsa Fornero, neo ministro del Lavoro, il Contratto Unico è “in grado di conciliare la flessibilità in ingresso richiesta dalle imprese con l’aspirazione alla stabilità rivendicata dai lavoratori”. Tuttavia, il progetto Flexsecurity non prevede l’abolizione dei contratti di apprendistato (non cambia nulla), di lavoro a termine, di lavoro in somministrazione, e di collaborazione autonoma e continuativa.

Il contratto a termine potrà essere stipulato secondo la disciplina della direttiva europea n° 70 del 1999, in base alla quale – a seguito di un precedente accordo interconfederale a livello europeo – l’Ue chiede agli stati membri di indicare delle restrizioni affinché il contratto a termine non sia utilizzato come forma normale di reclutamento del personale e nei suoi rinnovi sia condotto alla conversione in contratto a tempo indeterminato, la normale forma di regolamento di un rapporto di lavoro. La medesima direttiva si applica anche al lavoro temporaneo e in somministrazione. Restano tutte le altre forme contrattuali, dal part-time, al job on call, al job sharing e allo staff leasing. Discorso a parte per le collaborazioni autonome e continuative, su cui c’è ancora qualche passaggio da fare soprattutto con le Parti Sociali.

Oggi il disegno di legge di Ichino è al centro dell’agenda politica. Dopo un ddl delega del Parlamento al Governo – che accelererà i tempi rispetto a un normale iter parlamentare -, in primavera la Flexsecurity diventerà legge: il Presidente Monti intende rispettare gli impegni presi con l’Europa a emanare tali riforme entro il maggio 2012. Ci troviamo quindi vicini a un altro importante passaggio di riforma del mercato del lavoro su cui, come si è detto, non mancano le resistenze. Certo è che le 55 firme del gruppo del Pd al Senato sono segno della bontà della proposta anche per i lavoratori.

Intervenuto in questi giorni a un convegno organizzato da Gidp, ecco cosa ha detto a proposito il Senatore Ichino: “La paura del piano inclinato non porta da nessuna parte. Il Sindacato che fa sua questa logica si rassegna a vedere metà della forza lavoro esclusa dal campo di applicazione del diritto del lavoro e non fa quindi un gran mestiere a vantaggio dei propri rappresentati. D’altra parte, negli ultimi decenni abbiamo già assistito ad alcune modifiche anche profonde e incisive che spaventavano molto la Sinistra politica e sindacale, come ad esempio il superamento del monopolio pubblico del collocamento, considerato la chiave di volta della protezione dei lavoratori nel mercato del lavoro. Con l’avvento delle Società di lavoro temporaneo non si è verificato nessuno dei fenomeni di discriminazione e di peggioramento delle condizioni del mercato del lavoro che erano stati paventati. Anzi, l’innovazione non ha certamente portato a un aumento del lavoro precario e il lavoratore che si trova in condizione di temporaneità del rapporto, ma alle dipendenze di un’Agenzia per il lavoro seria è un lavoratore che sta infinitamente meglio di un co.co.co. o di un lavoratore ingaggiato in Partita Iva. La paura del piano inclinato impedisce al Paese di crescere e di aggiornare le tecniche di protezione dei lavoratori e finisce con l’irrigidire il diritto del lavoro in forme non più adatte ai tempi per difetti di protezione e per condizioni di rendita parassitaria. Servono meno slogan e un passo in avanti sul piano culturale”.