L’Italia ha dato attuazione, tra i primi paesi europei, alla Comunicazione della Commissione europea sulle Pmi, il cosiddetto Small Business Act, con la Direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri del 4 maggio 2010.

Con lo Small Business Act (Sba), accanto alla “politica industriale” più vicina alle esigenze della grande impresa, si è introdotto il principio di “think first small”, cioè di pensare anzitutto alle micro, piccole e medie imprese, base del sistema produttivo, terziario e manifatturiero dell’Europa in generale, ma del nostro Paese in misura del tutto peculiare.



Lo Sba rappresenta dunque un richiamo molto forte al ruolo economico e sociale che le politiche ai diversi livelli devono riconoscere alle imprese minori. Secondo una stima compiuta dal Ministero dello sviluppo economico, una volta a regime, l’attuazione dello Sba potrebbe avere in Italia un impatto aggiuntivo sulla crescita del Pil di circa l’1% nel corso di un triennio e, grazie all’effetto “moltiplicatore” in particolare sulle esportazioni, contribuire alla creazione di circa 50mila nuovi posti di lavoro.



Lo Sba è stato oggetto di una revisione, promossa dal Commissario Tajani, e approvata dalla Commissione Ue nei giorni scorsi, alla luce della crisi economica globale. In tale revisione sono state accolte anche le proposte del Governo italiano, che nascevano da un confronto con le realtà imprenditoriali e che indicano alcune priorità ulteriori rispetto a quando lo Sba fu concepito.

In particolare ne sottolineo tre:

 

1) sostenere un migliore raccordo tra politiche nazionali e regionali dedicate alle Pmi al fine di aumentare l’impatto economico degli interventi, facendo sì che le Regioni adottino propri “Sba regionali” secondo le proprie peculiarità economiche;



 

2) diffondere la cultura della rete presso le piccole imprese attraverso le forme varie di aggregazione e la previsione di un “Contratto di rete europeo” sul modello italiano. Fare rete è in primis un’opportunità e una convenienza per una piccola impresa per modificare in positivo il proprio modello di business, trovando nella collaborazione un asset da giocare nei confronti del mercato globale, delle istituzioni finanziarie, per l’accesso all’innovazione. Sono (ancora solo) 150 le aziende italiane che hanno formalizzato 32 contratti di rete, ma già sono significativi gli obiettivi perseguiti nelle aggregazioni;

 

3) favorire l’utilizzo del capitale di rischio, in particolare, attraverso forme adeguate di venture capital per le piccole imprese di fascia alta, cosiddette “middle class”, fornendo un’alternativa credibile al capitale di debito e all’autofinanziamento finalizzati a investimenti produttivi.

 

Da un’analisi comparata con gli altri paesi europei effettuata dalla Commissione Europea, è infatti emerso che, mentre in relazione ad alcuni temi (ad esempio, capacità di imprenditività) il sistema delle Pmi italiano si colloca in posizioni di vertice, su altri fronti (“innovazione”: media Ue pari a 0,43, dato Italia pari a 0,22; “finanza”: media Ue 0,43, Italia ferma a 0,19; e “internazionalizzazione”: media Ue a 0,47, Italia a 0,20) permane un differenziale da recuperare. Si tratta di aree operative su cui potranno incidere anche adeguate riforme legislative (per citarne una, la riforma degli incentivi) su cui i cantieri sono aperti.

A sottolineare la rilevanza delle Pmi per l’intero sistema-Paese, inoltre, in Italia si è previsto, sul modello di altre leggi annuali esistenti, la presentazione di un Disegno di legge annuale dedicato alle Pmi. Il Governo per quest’anno ha deciso di far confluire le proprie proposte nel ddl di Raffaello Vignali sullo “Statuto delle imprese”, approvato martedì scorso, all’unanimità, alla Camera dei deputati in prima lettura.

 

Il testo di Vignali apre infatti una nuova stagione e rappresenta il punto di riferimento per una diversa strategia di interventi a favore delle piccole e medie imprese, invertendo un atteggiamento di disattenzione nei riguardi di questo mondo vitale e identificando finalmente un insieme di “diritti di cittadinanza” delle imprese minori, specie nei riguardi della Pa (nei confronti della quale incombono come macigni l’enorme massa di crediti vantati dalle imprese e una farraginosità di procedure che solo con grande fatica si sta tentando di ridurre).

 

Saranno queste alcune tra le prime esigenze che si troverà ad affrontare “Mister Pmi”, la figura di riferimento nazionale individuata dal Ministro Romani e le cui funzioni sono disciplinate dallo “Statuto delle imprese”, quale ombudsman delle Pmi incaricato di promuovere la piena attuazione dei principi dello Sba, anche in raccordo con il Mr. Pmi europeo Daniel Calleja Crespo.

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