La riforma della pensioni muta radicalmente le prospettive dei lavoratori. Già da quest’anno cambiano le quote che sommano l’età anagrafica a quella contributiva.
Con la riforma delle pensioni, i lavoratori dovranno tenere bene a mente tutte le importanti novità che li riguarderanno. A partire dalle cosiddette quote, la somma degli anni anagrafici più quelli contributivi. Da quest’anno sale da 95 a 96 per i lavoratori dipendenti e da 96 a 97 per gli autonomi; l’età minima dei contribuenti dovrà essere, rispettivamente, di 60 e 61 anni.
Vuol dire che un dipendente potrà andare in pensione a 60 anni con 36 di contributi oppure a 61 con 35 di contributi mentre un autonomo lo potrà fare con 61 anni di età e 36 di contributi o 62+37. A casusa dell’introduzione della finestra mobile, tuttavia, i dipendenti dovranno aspettare ancora 12 mesi prima di vedere l’assegno, gli autonomi 18.
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Cambiano anche i coefficienti di calcolo della pensione contributiva; le aliquote saranno, infatti, rivedute ogni tre anni. Questo per tener conto degli andamenti demografici. Sarà revisionata, dal 2015 e ogni 3 anni anche l’età pensionabile. Tra 8 anni potrebbe salire a 65 anni e 8 mesi per gli uomini e a 60 e 8 mesi per le donne. Nel 2040, potrebbe addirittura arrivare a 70,3 anni per gli uomini e 65,3 per il gentil sesso. Un bel cambiamento rispetto a prima degli anni ’90 l’età pensionabile era di 60 anni per gli uomini e di 55 per le donne, mentre l’assegno copriva circa l’80 per cento