I problemi di Fiat questa volta non arrivano dai rapporti conflittuali con la Fiom; sono molto più preoccupanti perché arrivano direttamente dal mercato. Se Pomigliano d’Arco o Mirafiori sono stati dei banchi di prova difficili da superare, gli scogli nella vendita dei propri modelli si preannuncia molto complicata per l’amministratore delegato di Fiat, Sergio Marchionne.



In attesa dei dati relativi a marzo, che verranno comunicati domani, quelli di febbraio sono pessimi in Italia e anche dall’America non arriva nulla di buono. Nel nostro Paese, nei primi due mesi dell’anno, il gruppo italiano ha venduto il 27% in meno delle automobili rispetto al primo bimestre del 2011, a fronte di un mercato in caduta del 20%. La quota di mercato è ormai stabile sotto il 29%. Certo, i primi mesi del 2010 sono stati influenzati dagli ultimi incentivi al settore auto, che hanno aiutato i produttori di veicoli medio-piccoli come Fiat, ma il segnale è chiaro: la caduta dell’azienda torinese in termini di vendite è continua e gli obiettivi del piano industriale si allontanano sempre di più.



Anche negli Stati Uniti Chrysler è in difficoltà; in questo caso le vendite sono cresciute di oltre il 16% negli ultimi 12 mesi, ma la quota di mercato continua a diminuire ed è arrivata al 9,1%. Un dato peggiore rispetto a quello di un anno fa, che includeva i postumi del fallimento del colosso di Detroit, dato che la market share era al 9,6%. Nel mercato americano, l’obiettivo di Marchionne era quello di arrivare oltre l’11% in un settore che comunque registra diversi segnali di forte recupero. Tuttavia, nonostante lo sbarco della Cinquecento in alcune delle principali città americane, l’obiettivo difficilmente potrà essere raggiunto.



Per completare il quadro negativo vi sono anche i dati dell’Acea, relativi alle vendite in Europa. Essendo Fiat molto dipendente dal mercato italiano, non stupisce il fatto che abbia registrato un calo delle immatricolazioni di oltre il 18% nel primo bimestre dell’anno, a fronte di un mercato sostanzialmente in pari. Il mercato automotive dimostra segnali di recupero negli Stati Uniti, una leggera ripresa in Europa e una forte crescita nei Paesi in via di sviluppo quali Brasile, Russia, Cina e India.

Se nei mercati maturi Fiat continua a soffrire, i dati peggiori arrivano dai mercati in via di sviluppo. A parte il Brasile, nella quale la quota della casa automobilistica torinese è superiore al 20% e si contende la leadership con Volkswagen, le notizie che arrivano dagli altri Bric sono molto preoccupanti. In Russia, la joint venture con Solers è venuta meno il 18 febbraio, lasciando l’azienda italiana “scoperta” in quel Paese. Il produttore russo si è alleato con Ford, preferendo il partner americano a Fiat. Una grave perdita che difficilmente potrà essere supplita a breve. In Cina, i piani di sviluppo non sono mai decollati, e ormai la casa torinese è molto in ritardo. Volkswagen continua a macinare utili grazie al mercato cinese, ormai il primo al mondo per il produttore tedesco. Fiat praticamente è inesistente su questo mercato, così come non ha una presenza degna di nota in India, l’altro grande mercato in via di sviluppo. L’alleanza con Tata non decolla e Fiat rischia di perdere un’altra grande opportunità.

Sergio Marchionne, che è riuscito a risolvere brillantemente gli scontri sindacali con la Fiom, avrà molte difficoltà a recuperare il terreno perduto negli ultimi mesi in termini di vendite. Superare i conflitti sindacali e modificare le relazioni sindacali è essenziale, ma non sufficiente per garantire il raggiungimento degli obiettivi del piano industriale. La sfida della casa torinese è difficile da vincere e i prossimi mesi saranno decisivi per vedere se Fiat potrà avere quel ruolo di global player che Sergio Marchionne vuole dare all’azienda.