Ieri Sergio Marchionne, amministratore delegato di Fiat e Chrysler, ha tenuto una relazione alla Alma Graduate School di Bologna, nella quale ha detto che il progetto Fabbrica Italia è un modo per dimostrare che “l’Italia non è un Paese da abbandonare”. Fiat, ha spiegato Marchionne, vuole eliminare le inefficienze del sistema produttivo italiano e creare “una base sana su cui far crescere la produzione, le esportazioni e le opportunità di lavoro”. Poi ha ribadito che Fabbrica Italia è nata perché Fiat, da azienda multinazionale, conosce bene la realtà dei paesi stranieri e la qualità della loro concorrenza, e non ha chiesto aiuti allo Stato per questo progetto che vuole far diventare l’azienda “un’eccellenza industriale”.
Marchionne ha anche detto che l’Italia deve essere conosciuta come “il Paese del fare” e ha poi approfittato della ricorrenza del 150° anno dell’Unità d’Italia per dire che “dalla situazione di oggi ne possiamo uscire ritornando a quella idea di origine nata negli anni della costruzione dell’Italia. Un’idea che prende le mosse dalla fiducia nella nostra nazione e in una società capace di riscoprire i motivi della propria unità e di rialzarsi, invece di approfondire quelli della propria divisione e cadere”.
All’esterno dell’Università, un gruppo di giovani della Fiom ha contestato l’amministratore delegato di Fiat, scandendo lo slogan “Marchionne a lavorare” e con striscioni del tipo “Marchionne bocciato”. Presente anche il segretario generale della Fiom Bologna, Bruno Papignani, che voleva consegnare una lettera a Marchionne, ma non è riuscito a farlo.
A Bologna, durante una manifestazione della Fiom, Susanna Camusso, segretario generale della Cgil, era stata contestata a fine gennaio da chi chiedeva uno sciopero generale del sindacato. In occasione del primo maggio, inoltre, la Cgil ha deciso di tenere manifestazioni separate da Cisl e Uil.