La forza vitale di una società si misura in base alle opportunità, alle speranze, alle prospettive che offre ai giovani. Da essi, infatti, dipenderà il suo futuro, in termini di sviluppo economico, di nascita di nuove famiglie, di ricambio di idee e progetti. Insieme al problema dell’occupazione, c’è un’altra incognita che rende incerto il futuro dei nostri ragazzi: la sostenibilità dello Stato sociale, la possibilità di avere accesso ai sistemi previdenziali e a quell’insieme di garanzie e sicurezze che fino a oggi sono state finanziate dalle casse pubbliche.
Proprio per rispondere alle aspettative dei più giovani, sono convinto che sia urgente varare una seria riforma del nostro sistema di welfare. Fino a oggi rispondere alla domanda “chi finanzia l’assistenza?” era facile: Stato, Regioni, Comuni, Aziende Sanitarie, Ospedaliere e tutto un insieme di altri soggetti pubblici. Ci stiamo rendendo tutti conto velocemente che questa risposta non è più valida.
Per garantire alle nuove generazioni gli apprezzabili livelli di assistenza di cui abbiamo beneficiato dal dopoguerra a oggi, serve un grande patto generazionale e sociale, che permetta di raggiungere gli stessi risultati del passato seguendo nuove strade. Nuove risorse, di diversa provenienza, nuovi soggetti coinvolti nella programmazione e nell’erogazione dei servizi, una nuova governance per rendere efficiente il sistema. Regione Lombardia ha imboccato questa strada e l’introduzione del Sistema Dote, prima nella formazione, poi nelle politiche attive del lavoro e oggi nel welfare, è un primo esempio di questo modo nuovo di intendere le politiche per la persona.
Siamo partiti dal convincimento che qualunque riforma debba prima di tutto riscoprire e valorizzare la capacità degli individui, anche associati, di essere protagonisti della vita sociale, di contribuire al bene comune, di costruire opere che rispondono a bisogni effettivi, nel mondo della scuola, del lavoro, in famiglia, così come nel campo dell’assistenza, della solidarietà, del welfare. Per questo abbiamo scelto prima di tutto di spostare i finanziamenti “dall’offerta alla domanda”, cioè di rimettere in capo alla persona il diritto di scegliere, responsabilizzandola circa l’effettivo valore dei servizi di cui usufruisce.
La Dote socio-sanitaria assegna le risorse ai cittadini in base al fabbisogno di assistenza e alle capacità economiche del soggetto, superando così il sistema precedente, che prevedeva il pagamento dei servizi da parte dell’Asl in funzione della spesa storica sostenuta dagli erogatori. Si rende così effettiva una domanda rimasta finora virtuale, cioè non pagante, e si dà una scossa a molte rendite di posizione che impedivano l’ingresso nel sistema di offerta a nuovi erogatori, pur in presenza di strutture con tutti i requisiti tecnici e qualitativi necessari.
Siamo convinti che perseguendo questa strada i cittadini conseguano un più elevato grado di soddisfazione grazie alla possibilità di esercitare, con le proprie scelte, un oculato controllo sulla qualità delle prestazioni di cui sono destinatari, legittimando così anche la corresponsabilizzazione al pagamento.
Un secondo indispensabile fronte di azione riguarda la necessità di affiancare agli interventi ridistributivi di risorse pubbliche nuove forme integrative di tipo assicurativo o mutualistico. Partendo dalle esperienze più significative in atto, quali, ad esempio, i casi di introduzione di welfare integrativo attraverso la contrattazione di secondo livello, stiamo elaborando una proposta di legge che promuova e favorisca la costituzione di fondi di previdenza complementare e integrativa, garantendo un fondo di rotazione regionale.
Sempre in stretta correlazione con il mondo produttivo e imprenditoriale lavoriamo per promuovere una profonda revisione dei servizi di conciliazione tra tempi di vita e di lavoro, con l’obiettivo di superare ogni approccio di tipo puramente assistenziale a favore, invece, di interventi che incrementino legami e relazioni tra persone e tra servizi. Sulla conciliazione si gioca una partita fondamentale per il welfare e per il lavoro, in termini di competitività, responsabilità sociale, valorizzazione del capitale umano.
Tutti gli interventi che ho brevemente descritto si basano su modelli che prevedono la compartecipazione economica dei cittadini e degli attori sociali. Per questo è urgente portare a compimento il percorso del federalismo fiscale, così da poter introdurre detrazioni e deduzioni a favore dei singoli, delle aziende, del terzo settore. Un primo passo è rappresentato dal Progetto di Legge n. 66 di iniziativa del Presidente Formigoni, che prevede l’introduzione del Fattore Famiglia nella definizione delle soglie di accesso ai servizi e nella determinazione del livello di compartecipazione.
Con questo istituto, Regione Lombardia si candida a rideterminare le modalità di valutazione della situazione familiare volendo tutelare maggiormente, rispetto a quanto non facciano le norme nazionali attualmente in vigore, la famiglia con compiti di cura. Una scelta di responsabilità, che dovrebbe trovare concordi tutti coloro che hanno a cuore il futuro dei nostri giovani e lo sviluppo di una società competitiva e solidale.