Sembra razionale e comprensibile, nell’ambito della manovra di Governo, il provvedimento sulla mobilità che partirà dal prossimo mese di settembre. In sostanza, i dipendenti pubblici potranno essere trasferiti ad altra sede se il datore di lavoro lo riterrà necessario “per esigenze di carattere tecnico, organizzativo e produttivo”.



Il provvedimento che viene varato riguarda solo l’ambito regionale. Ma sembra un passo avanti importante. Il capo Dipartimento della funzione pubblica (il ministero di Renato Brunetta), dottor Antonio Naddeo ci dice: “Per noi è un passo significativo, perché la mobilità del personale è sempre stato un fatto molto complicato in Italia. Fatto complicato che richiede passaggi di diversa natura. E devo anche aggiungere che questo non avviene solo nel settore pubblico, ma anche nel settore privato”.



Ma questo, all’interno di un decreto che rappresenta un “pacchetto” di misure anti-crisi, che funzione avrebbe? “È evidente – dice Naddeo – che la mobilità riguarda innanzitutto un problema di razionalizzazione dell’apparato statale, dell’apparato amministrativo. Ma la razionalizzazione significa non solo maggiore funzionalità ma anche benefici finanziari e risparmi per lo Stato”.

Cerchiamo di specificare il testo attuale del provvedimento, scusandoci per il linguaggio piuttosto burocratico. L’esigibilità della prestazione da parte del datore di lavoro pubblico è previsto che passi attraverso una regolamentazione in sede di contrattazione collettiva di comparto, soprattutto per stabilire regole su mobilità interregionale. Ma intanto, nelle more della disciplina contrattuale si fa riferimento ai criteri datoriali, oggetto di informativa preventiva, e il trasferimento è consentito in ambito del territorio regionale di riferimento. L’obiettivo è quello di ottenere anche attraverso questa mobilità risparmi nei ministeri per altri sette miliardi e mezzo di euro entro il 2013. Per l’esattezza cinque miliardi nel 2012 e due miliardi e mezzo nell’anno successivo.



Scusi la nostra ignoranza, dottor Naddeo, ma facciamo un esempio, un esempio immaginario, per far comprendere da dove verrebbero questi benefici finanziari per l’apparto statale. Che cosa ci guadagna lo Stato se sposta un dipendente da Vigevano a Bergamo?

“Ci guadagna eccome. C’è un evidente beneficio finanziario che può sfuggire pesando in astratto. Ma se io ripartisco meglio i dipendenti posso coprire le carenze di un ufficio. Posso permettermi, con uno spostamento, di evitare nuove assunzioni in un determinato ufficio che ha necessità di personale. Si potrebbe fare un elenco di uffici stracarichi di copertura di personale e di uffici che hanno proprio carenze da colmare. Ora è evidente che una simile possibilità ci consente di razionalizzare e di risparmiare”.

La strada che si sta battendo è quella anche di ministeri ed enti pubblici che dovranno accorpare gli uffici con una riduzione organica del costo del personale. Insomma, un passo vanti sulla strada della razionalizzazione e della riduzione dell’apparato statale.

 

(GDR)