Il miraggio dei giovani, di molti giovani almeno, non è il posto fisso, ma diventare imprenditori. È quanto emerge da un’indagine di Unioncamere svolta tra chi, negli ultimi sei mesi, ha iscritto per la prima volta un’azienda alla Camera di Commercio. Il 54,4% degli intervistati ha detto di aver intrapreso una nuova attività per sfruttare al meglio le proprie competenze, per realizzarsi e perché stufo del lavoro da dipendente. «È il segno evidente che esiste ancora tanta gente a cui piace fare impresa e testimonia, nel nostro Paese, la presenza di un fiorente tessuto creativo», afferma Guido Corbetta, Docente di Strategia aziendale e prorettore dell’Università Bocconi interpellato da ilSussidiario.net.



Tornando ai numeri, solo il 32,9% dei nuovi imprenditori si sarebbe lanciato in una nuova avventura per la difficoltà a trovare un lavoro da dipendente, mentre le nuove aziende – quelle realmente nuove, non frutto della fusione o dello scorporo di altre – sono state, nel primo semestre 2011, ben 104.525. Un dato che «si inscrive – dice Corbetta – nelle tradizione  della grande vitalità imprenditoriale del nostro Paese, fatto di persone cui piace cimentarsi con la creazione di una nuova azienda. Credo, onestamente, che il dato, però, non sarebbe confermato se esteso a tutta la popolazione dei giovani italiani. Avendo adottato come campione coloro che hanno messo in piedi una nuova azienda, è evidente che questi abbiano detto che preferiscono fare gli imprenditori che stare sotto un capo».  



Secondo Corbetta, «stiamo parlando di una “larga minoranza”. Sarebbe interessante capire cosa pensano tutti gli altri». L’opinione del professore è che la maggioranza dei giovani non abbia questo genere di aspirazione. «Per i più l’alternativa al lavoro dipendente neanche si pone. Credo che moltissimi siano ostacolati nell’ambire a mettere su un’azienda da una serie di fattori, quali il livello degli studi compiuti, la provenienza e il contesto sociale d’appartenenza». Un dato, tuttavia, lascia favorevolmente sorpresi: il 70,7% dei neo-imprenditori sotto i trent’anni ha realizzato una nuova impresa con meno di 10mila euro, il 72,3% di quelli sotto i 35. Ha avuto, invece, bisogno di più di 100mila euro  solo l’1,9% degli under 35 e l’1,3% degli under 30.



«Non mi stupisce: nell’ambito di un’iniziativa della Bocconi rivolta ai nuovi imprenditori – spiega Corbetta – abbiamo ricevuto decine di proposte, molte delle quali legati alla rete, come nuove applicazioni informatiche per – ad esempio – l’iPad. Tali iniziative, di per sé, non necessitano di ingenti capitali, ma di giornate di lavoro. Si tratta, in ogni caso, di giovani che fanno l’imprenditore per scelta e non per necessità».

E che, sovente, hanno, in qualche modo, le spalle coperte. «Molto spesso, quando uno parte con un’attività, è tutelato da una rete di assistenza familiare; oppure, e ne ho visti tanti di casi del genere, si inizia in due: uno mantiene il proprio lavoro, mentre l’altro sviluppa il prodotto. Quando si è vicini alla fase di realizzazione e di vendita, anche il primo dei due, magari, lascia il lavoro». Diecimila euro, è la cifra per partire. Resta da vedere «se l’impresa va avanti. In genere si capisce che un’iniziativa potrà resistere nel tempo dopo 36-48 mesi di vita e se, per allora, le entrate avranno superato le perdite».