Ha ancora senso parlare di flessibilità ai tempi della crisi, e forse della peggiore crisi da molti anni? Le recenti polemiche sulla manovra finanziaria in discussione, e in particolare sull’articolo 8 – accusato di voler aggirare l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori sul divieto di licenziamento – hanno fatto passare in secondo piano una serie di novità e di opportunità che, pure nella selva oscura che le finanze pubbliche attraversano, rappresentano uno spiraglio di luce.



A partire proprio dall’articolo 8, che riconosce alla contrattazione aziendale un ruolo ben più rilevante di quello rivestito finora: non da ultimo, in tema di ricorso al lavoro flessibile e di disciplina dei rapporti come le collaborazioni e le partite Iva. Come ha riconosciuto di recente Raffaele Bonanni della Cisl, si tratta di continuare e completare il percorso inaugurato dall’importante accordo interconfederale dello scorso 28 giugno, indicando nello specifico le materie passibili di essere disciplinate dai contratti aziendali, che aspirano a sostituire (o almeno integrare) la normativa nazionale; un completamento che non inficerebbe, contrariamente a quanto sostenuto dai detrattori della norma, i vincoli esistenti sulla giusta causa per i licenziamenti (sul tema specifico mira piuttosto a interrompere l’automatismo tra riconoscimento del licenziamento ingiusto e reintegro del lavoratore, che potrebbe essere invece risarcito); ma che potrebbe invece riservare qualche gradita sorpresa.



Demandando la contrattazione sui temi della flessibilità a livello aziendale sarebbe possibile affrontare con maggiore agilità i temi della conciliazione tra famiglia e lavoro. Mentre la sorte dell’articolo 8, e in generale della manovra che lo include, sono ancora nelle mani del Parlamento, è ripreso e prosegue il cammino di un’altra legge, fondamentale per il sostegno ai genitori lavoratori.

Si tratta della legge 53 del 2000, che ha ripreso piena efficacia, dopo mesi di stallo (e dopo anni di efficacia a dir poco parziale) nello scorso giugno, annunciata con tutti gli onori dal ministro Giovanardi. Il prossimo 28 ottobre scade il termine – l’ultimo per il 2011 – per poter presentare la domanda e accedere ai finanziamenti previsti dalla legge: per quest’anno sono disponibili 15 milioni di euro, accessibili attraverso nuove modalità di richiesta (grazie a una innovativa modalità di inoltro delle domande tramite una piattaforma online) a una maggiore varietà di soggetti beneficiari (come gli autonomi e i liberi professionisti), per finanziare tipologie di progetto più ampie che in passato (come la sostituzione e collaborazione).



La speranza è che ad aumentare sia realmente la semplicità e l’accessibilità dello strumento, dal momento che negli otto anni passati – nonostante il crescente interesse delle aziende – sono stati stanziati soltanto 42 milioni di euro, una minima parte rispetto ai circa 20 milioni di euro annuali disponibili. Colpa della farraginosità delle procedure, ma anche della difficoltà a calare la teoria legislativa nella realtà locale (come dimostra il successo incontrato nei contesti in cui, al contrario, è stata attivata una rete territoriale tra datori di lavoro e attori sociali: il caso di Mantova, con 2 milioni di euro di finanziamenti ottenuti fino al 2010, è emblematico).

Che ruolo occupa il dibattito sulla flessibilità nell’attuale congiuntura? Le misure volte alla conciliazione potrebbero rivelarsi strategiche per le imprese, anche e soprattutto durante la crisi. Il prossimo Forum annuale Human Resources, organizzato da Ipsoa per il 21 settembre, sarà dedicato appunto a “Flessibilità organizzativa: opportunità di crescita e di sviluppo”. Nel corso dell’evento, oltre a parlare di modelli contrattuali e di organizzazione aziendale, si dibatterà sul tema del “work life balance”, riconoscendo che obiettivi come la prevenzione dei disagi personali e del cosiddetto “stress lavoro correlato” sono radicati in una diversa concezione dell’organizzazione del lavoro – una concezione finalmente unitaria, che non considera separatamente vita lavorativa ed extralavorativa, ma le abbraccia entrambe in un unico obiettivo, di benessere (per il lavoratore) e di successo (per l’azienda).