Un altro mondo è possibile, un’altra manovra è auspicabile e certamente possibile, ma permettetemi di dire che anche un altro sindacato è possibile.

Lasciando cadere nel vuoto gli auspici all’unità che, ormai quotidianamente, il Presidente Napolitano avanza a tutte le parti politiche e sindacali, la “solita” Cgil scende in piazza per manifestare, a prescindere, contro.



Una piazza intollerante, che fischia quando la segretaria generale nomina le altre grandi organizzazioni sindacali di questo paese, non è certo un bello spettacolo e non aiuta quella comunione di intenti che dovrebbe informare l’azione sindacale a prescindere dalle proprie specificità e sensibilità politico culturali. Altresì Cisl e Uil sono “condannate” perché  ree, secondo i militanti e la classe dirigente della Cgil, di essere timidi nella loro azione e asserviti ad un governo quasi antropologicamente contro i lavoratori.



Un sindacato diverso è quello che chiede con coraggio una profonda riforma delle pensioni. Una sorta di nuovo patto intergenerazionale a favore dei giovani che adegui il sistema previdenziale alle, fortunatamente, sempre più rosee aspettative di vita. Un sindacato veramente riformista è quello che, insieme a tutte le regioni, a prescindere dal colore politico, e le parti sociali, firma un’intesa per rilanciare quell’eccezionale strumento di placement per i giovani che è l’apprendistato.

Un sindacato più moderno e diverso è quello, tornando alla più stringente attualità, che accetta la scommessa della valorizzazione del contratto di prossimità.



Sulla norma inserita all’art. 8 dell’ennesima manovra correttiva di questa lunga estate per il nostro paese, quella che recepisce gli accordi Fiat ed il nuovo modello di relazioni industriali frutto dell’accordo del 28 giugno scorso, si scaglia, infatti, più duramente la segretaria della Cgil Susanna Camusso. Per la Cgil questa norma rappresenta, infatti, il tentativo di neutralizzare l’art. 18 e con esso tutto lo Statuto dei lavoratori del 1970. Un colpo al cuore stesso, si sostiene, della Costituzione repubblicana fondata, appunto, sul lavoro.

Un sindacato diverso, responsabile ed autenticamente riformista avrebbe dovuto, altresì, cogliere al volo l’opportunità che la norma offre per rilanciare con forza un nuovo protagonismo del sindacato nella società globalizzata.

La visione che sottosta a quest’intervento normativo, infatti, presuppone un sindacato che sta nelle aziende, sul territorio e che è in grado di legare efficacemente i diritti e le aspettative dei lavoratori con quelli della produttiva e dello sviluppo d’impresa. Un sindacato che sappia fare la sua parte a supporto di una riforma del mercato del lavoro che, peraltro, l’Europa ci chiede con forza.

Infatti, come la maggioranza dei giuslavoristi italiani non fa fatica a riconoscere, la norma prevista dal decreto legge 138 del 2011 non stravolge in nessun modo il nostro mercato del lavoro reintroducendo la possibilità di licenziare in piena libertà e riducendo le tutele dei lavoratori.

Viene al limite prevista, previa intesa sindacale sottoscritta dalle associazioni dei lavoratori maggiormente rappresentative e sulla base di un criterio maggioritario, la possibilità di derogare alla normativa ed alla contrattazione collettiva in vigore non solo in materia di assunzioni e licenziamenti ma anche, ad esempio, in termini di orario di lavoro o di classificazione ed inquadramento del personale. Un’intesa che deve essere finalizzata, è opportuno ricordare, sebbene a titolo meramente esemplificativo, alla maggiore occupazione, agli incrementi di competitività e di salario o alla gestione delle crisi aziendali e occupazionali. 

In materia di licenziamento i più autorevoli commentatori ritengono, inoltre, che la deroga non possa andare oltre la possibilità di valutarne le conseguenze e prevedere il mero risarcimento  economico in luogo della reintegrazione del posto di lavoro come già oggi accade per la grande maggioranza dei lavoratori italiani che non sono coperti dall’ombrello dell’art. 18.

Insomma sembra che anche ieri la Cgil abbia perso un’altra buona occasione per dimostrare che un altro sindacato, che preferisce stare a fianco, veramente, dei giovani e degli outsider del mercato del lavoro e non dalla parte dei garantiti o a difesa di un mondo del lavoro che non c’è più, è possibile.

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