Ci siamo quasi. Da qui alla messa a punto effettiva, alla trasposizione, cioè, in legge, ne passerà di acqua sotto i ponti. C’è tempo per correttivi, limature e modifiche. Ma, nella mente della Fornero, le linee guida della riforma del mercato del lavoro hanno assunto connotati che difficilmente saranno sovvertiti. Si parla ormai da tempo di contratto unico. L’idea è di introdurre il Cui (contratto unico di ingresso). Consterà di due fasi: la prima, di ingresso, che potrà durare sino a tre anni, nella quale il lavoratore non godrà delle tutele del tempo indeterminato e se licenziato avrà diritto, al massimo, a un indennizzo; la seconda, corrisponderà all’assunzione automatica a tempo indeterminato. Inoltre, salvo alcune eccezioni, assumere a tempo determinato diventerà, per le aziende, un lusso: co.co.pro e via dicendo dovranno garantire un reddito di almeno 25mila euro lordi l’anno.



«Effettivamente, la proliferazione delle forme contrattuali rendeva complesso sia per i lavoratori che per le imprese definire il rapporto di lavoro. Credo, tuttavia, cha ancora una volta si scambi la soluzione derivante dal modo con cui si regola il lavoro con il problema. Ovvero: il problema non è come si regola il lavoro, ma creare nuova occupazione», è il commento di Luca Solari, professore di Organizzazione aziendale presso l’Università di Milano raggiunto da ilSussidiario.net. Secondo il quale «non è detto assolutamente che queste forme di regolazione potranno determinare un impatto effettivo. Oltretutto, per sostenere queste scelte sarà necessario trovare le risorse adeguate».



La Fornero, che sembrava intenzionata a prescindere dai sindacati, o almeno a non farsi dettare l’agenda da essi, sembra aver fatto marcia indietro. «È così. Anzitutto, esisteva già una cosa simile al contratto unico, che era il contratto di apprendistato. Così facendo, lo si sta solamente estendendo; inoltre, alla fine tutto il dibattito sulla riforma del mercato del lavoro sembra essere consistito in tanto rumore per nulla. A alla fine ci si è mossi nell’ottica della ricerca del consenso». Vi è pure il rischio che si producano una serie di effetti indesiderati: «Ci saranno molti casi in cui forme di contratto a termine non condurranno all’assunzione mentre, se non ci sarà un’adeguata forma di controllo, si ritramuteranno in forme non regolate, come le partite Iva o il lavoro in nero».



Solari è convinto che qualunque riforma debba essere accompagnata da una serie di misure cuscinetto. «Occorrerà mettere in discussione il rapporto tra le forme di regolazione del lavoro e gli strumenti a sostegno dei diritti dei lavoratori; studiando, ad esempio, le modalità con le quali i lavoratori (che, prima o poi, nell’arco della propria carriera, possono andare in esubero) possano essere riqualificati e ricollocati sul mercato. Si dovrebbe, quindi, configurare tutti gli ammortizzatori sociali in modo tale da consentire un’entrata e un’uscita dal lavoro che a, lungo termine, abbia conseguenze meno gravose». 

Qualunque strada la Fornero intraprenda, sarà meglio che si coordini con Passera. La riforma del mercato del lavoro, infatti, non può ignorare il mercato del lavoro. Che, prevalentemente, fiorisce di pari passo col fiorire dell’economia nel suo complesso. Il titolare del Welfare e quello dello Sviluppo, secondo logica, dovrebbero far gioco di squadra. «La tradizione dei nostri governi – replica Solari – ha sempre voluto che ci si incontrasse ogni tanto, giusto per aggiornarsi; ma senza una visione unificante. Neanche questo esecutivo ha una strategia condivisa di riforma del Paese. Ci sono una serie di ricette, e basta. Si ha l’impressione di una cena dove ognuno porta qualcosa, senza sapere il piatto che porteranno gli altri. Come se, nel complesso, non si avesse idea del pasto che sarà servito».