«Con questo documento cerchiamo di portare all’attenzione del governo due principali questioni: innanzitutto lo sviluppo e la crescita del Paese, perché le ultime manovre economiche sono state sostanzialmente inesistenti su questo tema. Quello che temiamo è che senza sostenere la possibilità di uno sviluppo, il Paese si troverà costretto ad affrontare altre manovre per contenere i problemi di bilancio dello Stato». Guglielmo Loy, Segretario Confederale Uil, comincia a spiegare così i principali temi presenti nel documento unitario varato con Cgil e Cisl che lunedì i sindacati esporranno al premier Monti a Palazzo Chigi.
Cosa significa quindi per la Uil la parola “crescita”?
Crescita significa rivedere un sistema fiscale sbagliato, iniquo e che non sostiene il consumo delle persone a reddito fisso, quelle che hanno pagato maggiormente la crisi in questi anni. Crescita significa anche liberalizzazione e razionalizzazione del nostro sistema produttivo che ruota intorno anche alle imprese pubbliche, locali e nazionali: parlo di liberalizzazioni vere, e non di un semplice passaggio dal monopolio pubblico a quello privato.
Su quali altre proposte puntate?
L’altra grande questione riguarda naturalmente l’occupazione, sia per tutte quelle persone che entrano nel mondo del lavoro per la prima volta e per quelle che invece riescono a rientrare in caso di espulsione a causa della difficoltà delle imprese, sia sul piano della difesa delle tutele, per chi rischia o per chi ha perso il lavoro. Le proposte presenti nel documento sono semplici, equilibrate e cercano di rispondere anche alla questione della flessibilità.
Si spieghi meglio
Non escludiamo che le imprese vadano sostenute per favorire la nuova occupazione, ma crediamo che vi siano strumenti a basso costo con un regime di tutele più che dignitoso che vadano valorizzati, a partire dall’apprendistato, combattendo quelle forme impure e oscure di lavoro, denominato precario, in cui non esistono tutele. Abbiamo quindi indicato strumenti adeguati al bisogno delle imprese per far sì che allarghino la base occupazionale.
E sulle pensioni?
Oltre a tanti altri strumenti messi in campo per il Mezzogiorno, per le donne, per i lavoratori più a rischio, chiediamo con forza anche di rivedere le recenti norme pensionistiche, che stanno procurando danni consistenti a moltissime persone: ci riferiamo a quelle tante persone che hanno visto allontanarsi l’età di pensionamento, ma sono sostanzialmente o già espulse o a rischio di espulsione dal lavoro. Chiediamo quindi al governo una flessibilità nell’attuazione della riforma pensionistica per andare incontro a situazioni di grave disagio sociale, spesso monoreddito, e che ora rischiano di rimanere in quel “guado” tra il lavoro e la pensione.
Qual è il tema principale che la Uil ha voluto far emergere?
Abbiamo spinto molto sul tema fiscale, la lotta all’evasione e una più equa distribuzione: il nostro è un Paese che si regge sull’esportazione, con tante imprese di prima linea e a livello europeo, ma attualmente questa ricchezza non è sufficiente a far ripartire la crescita. Proprio per questo il nostro timore è una recessione dovuta al fatto che la gente consuma di meno, non cambia l’automobile, non va al cinema e non compra un libro, che quindi di fatto deprime i consumi. Per questo abbiamo proposto con forza il tema fiscale, mentre l’altra questione riguarda la flessibilità, alla quale non siamo assolutamente contrari, ma siamo dell’idea che la buona flessibilità vive e opera solo se si scaccia via quella cattiva, cioè tutte quelle tipologie malsane come le collaborazioni e i tirocini. Ogni sindacato ha cercato naturalmente di evidenziare diversi argomenti, ma c’è una sostanziale convergenza su tutti.
(Claudio Perlini)