Salvi. O quasi. Pochi ritocchi, gli ultimissimi, per rinfrancare alcune categorie in apprensione da mesi circa il loro destino: gli esodati e i lavoratori precoci. Tra i primi figura chi si è licenziato volontariamente da un’azienda in crisi, dietro incentivi economici e la promessa di andare in pensione entro due anni. Le nuove misure li obbligherebbero ad avere un lavoro che non hanno sino all’età pensionabile; i secondi hanno iniziato a lavorare molto presto, e si vedrebbero negare il diritto ad andare in pensione se, pur avendo 42 anni e un mese di anzianità, non avessero compiuto i 62 anni. Alcuni emendamenti al decreto Milleproroghe prevedono che, per costoro, valgano le regole precedenti alla riforma Fornero. Ieri la Commissione Lavoro della Camera ha esaminato gli emendamenti, dando parere favorevole. Il presidente Silvano Moffa, raggiunto da ilSussidiario.net, si mostra fiducioso. «Abbiamo votato in commissione il parere condizionato; inoltre, il sottosegretario al Welfare, Michael Martone e il ministro Fornero hanno manifestato assoluta disponibilità a recepirli». Resta il problema di trovare la copertura. Si parla di 100 milioni di euro. «”Copertura” – replica Moffa – è, in realtà, un termine improprio. Qui non stiamo parlando della possibilità di aggiungere in bilancio un capitolo di spesa, ma di decurtare dal risparmio della riforma pensionistica la somma per i soggetti in causa. Si tratterebbe di 100 milioni a fronte di un risparmio di 6 miliardi per il 2013». Una percentuale molto bassa e sostenibile, quindi.
«Si consideri, inoltre, che a regime – dal 2018 – il risparmio complessivo si aggirerà attorno ai 50 miliardi. Il che renderà la nostra situazione pensionistica – già tra le più avanzate in Europa – di gran lunga davanti a quelle di Francia a Germania». In ogni caso, secondo Moffa, il “prezzo da pagare” è più che ragionevole. «Permetterà a esodati e precoci di preservare il regime precedente. Avrebbero, altrimenti, dovuto aspettare almeno 6 anni per andare in pensione». Ieri è stato dato l’ok ad un’altra misura: «Abbiamo fatto un intervento che alleggerisce la penalizzazioni. Il governo, anche in tal caso, ha manifestato la disponibilità a garantire un regime più tenue». Una volta votati, definitivamente in Aula gli emendamenti, non dovrebbero esserci margini di manovra per ulteriori correzioni.
«Esatto. Anche se credo che il sistema pensionistico tornerà all’ordine del giorno quando sarà varata la riforma del mercato del lavoro. Se si conferma l’intenzione di andare verso un’armonizzazione dei sistemi pensionistici si dovrà affrontare prima o poi anche il tema delle aliquote, che variano da categoria a categoria. Se si introduce il sistema contributivo per tutti, infatti, dovremo andare verso un riequilibrio anche sul fronte delle aliquote contributive». In ogni caso, al momento, Moffa ha un solo rammarico: «Fermo restando il principio sacrosanto di andare verso un sistema contributivo e dell’aumento dell’età pensionabile, forse un sistema più graduale avrebbe alleggerito l’impatto. Purtroppo, l’ipotesi si è scontrata con l’esigenza di fare cassa».
(Paolo Nessi)