Si diceva che ormai fossero salvi. Invece, siamo ancora in alto mare. Per i precoci e gli esodati, il Parlamento si era mobilitato con spirito bipartisan. La riforma delle pensioni, infatti, avrebbe rischiato di penalizzarli oltremodo; i primi sono quelli che hanno iniziato a lavorare a 15-16 anni e che, laddove abbiano maturato 42 anni  e un mese (41 e un mese le donne), ma non hanno raggiunti i 62 anni di età, non possono ancora andare in pensione, salvo decurtazioni sull’assegno; i secondi sono, invece, i lavoratori licenziati su base volontaria in seguito alla promessa di andare in pensione entro due anni e che, adesso, si trovano senza lavoro e con il rischio di accedere al trattamento pensionistico solo tra 5-6 anni. Ebbene: alcune norme presenti nel decreto Milleproroghe prevedevano, per costoro, il mantenimento del regime precedente alla riforma. Ma la Camera ha rispedito il testo alle Commissioni Bilancio e Affari costituzionali. La copertura per l’operazione era stata individuata mediante l’ipotesi di aumentare le aliquote contributive degli autonomi. Un’eventualità che al Pdl non è andata a genio. Quindi?



«Premetto che sono d’accordo nel tutelare gli esodati, ma non i precoci; una modesta penalizzazione per chi va in pensione prima dei 62 anni è giusta, equa e sistemica. Presenterò, infatti, in tal senso, due emendamenti soppressivi; so benissimo che non saranno presi in considerazione, dato che si tratterà di un voto di fiducia. Ma è giusto, in certi casi, non consentire che certe misure passino senza averne sottolineto l’iniquità», afferma, raggiunto da ilSussidiario.net Giuliano Cazzola, vicepresidente della Commissione Lavoro della Camera.



Fatta la premessa, ci serve capire, ora, quali scenari si prefigurano. Silvano Moffa, su queste pagine, affermava che era sufficiente decurtare i sei miliardi di risparmi previsti per il 2013 grazie alla riforma delle pensioni per trovare la copertura relativa. Su questo, Cazzola non è per nulla d’accordo. «Se un provvedimento è inserito in bilancio ed entra a far parte della contabilità nazionale, laddove venga modificato occorre trovare la relativa copertura finanziaria. Stiamo parlando, infatti, di una norma che è già stata acquisita; il decreto Milleproroghe modificherebbe tale norma».



Rispetto all’ipotesi di trovare i soldi necessari colpendo gli autonomi, spiega: «Trovo singolare che per agevolare qualche decina di migliaia di persone si intervenga su una platea di qualche milione di cittadini lavoratori». L’operazione non riguarderebbe gli esodati: «Siamo tutti d’accordo nel tutelarli. Del resto, le garanzie nei loro confronti sono state inserite grazie a risorse precedentemente stanziate. Se queste risorse non dovessero bastare, c’è un percorso che prevede l’aumento del costo del lavoro. Il che è discutibile, ma si tratta di un problema rinviato».

In ogni caso, la cifra necessaria potrebbe ammontare a circa 100 milioni di euro. Resta da capire dove potrebbero essere recuperati. Si parla, ad esempio, di aumentare dal 20% al 25% il contributo di solidarietà per le pensioni più alte. «Non sarebbe sufficiente. Con questo provvedimento, si recupererebbero solo alcuni milioni. Temo che sarà necessario aumentare qualche accisa. Sull’alcol o i tabacchi, ad esempio. O che  si dovrà tagliare da qualche parte». 

 

(Paolo Nessi)