I sindacati sono alla vigilia del confronto con il Governo. In questi giorni di inizio anno i problemi dell’occupazione, del lavoro, della produttività, quelli di un’autentica questione sociale che si profila all’orizzonte, sono stati al centro del dibattito, cominciando dal discorso di fine d’anno del Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. Si parla di un momento cruciale relativo a questo confronto, un’autentica “svolta” per il Governo dei tecnici di Mario Monti. Il momento non è certo sereno, anche perché i sindacati hanno parecchie cose da mettere sul tavolo. Tensione c’è persino sui metodi e sui modi del confronto. Luigi Angeletti, Segretario generale della Uil, cerca di evitare queste formalità e guarda alla sostanza, al nocciolo della questione.
La Cgil ha posto il problema degli incontri bilaterali tra Governo e singoli sindacati, cui è contraria. Lei che cosa ne pensa?
Francamente questa polemica mi sembra eccessiva. I sindacati faranno prima una discussione tutti insieme e credo che mai come in questo momento saranno uniti nel porre questioni fondamentali e rivendicare i diritti dei lavoratori italiani. Non stiamo a fare questioni di principio o di forma che non vanno alla sostanza delle cose. Quando il Governo ci chiamerà ognuno di noi si presenterà nel modo che riterrà opportuno. In questo momento, ripeto, non è la forma, ma la sostanza che conta. E io credo che sia durante il confronto che dopo troveremo una piattaforma unitaria, perché la situazione che stiamo vivendo è carica di incognite. Abbiamo bisogno di farci tutti gli auguri a vicenda per questo 2012, che sarà un anno difficilissimo.
La Uil, attraverso un comunicato, ha apprezzato le dichiarazioni del Presidente della Repubblica, sia nel discorso di fine d’anno, sia per il riferimento all’accordo del 28 giugno scorso che alla riforma degli ammortizzatori sociali.
È vero. Gli interventi di Giorgio Napolitano in questi giorni sono stati molto importanti, soprattutto quello relativo al richiamo dell’accordo del 28 giugno, che non riguarda solo produttività, salari e altre cose che sono state riportate. C’è un punto di quell’accordo che, evidentemente, la stampa italiana ha dimenticato di leggere oppure se lo è dimenticato. Non lo vedo mai citato, non se ne parla affatto. Ma è un punto cruciale, importantissimo, perché c’è scritto che sulle questioni relative ai rapporti tra imprese e sindacati, le parti si impegnano a trovare un accordo comune, un accordo su tutte le regole. Trovo che questa sia una strana dimenticanza.
In una situazione come questa, che vede molte persone, tra cui il Presidente della Repubblica, preoccupate per la situazione sociale, pensa che sia necessario arrivare a un Piano nazionale del lavoro?
Credo che sia necessario fare una cosa molto concreta. O meglio occorrono più cose. Nell’ordine elencherei: liberalizzazioni; riduzione dei costi della politica, che non significa solo riduzione degli stipendi dei parlamentari; riduzione delle tasse sul lavoro; riduzione del costo del lavoro. Se non si alzano i salari, se non si ridurrà la pressione fiscale, infatti, non ci sarà alcuna spinta ai consumi, non si andrà da nessuna parte. È evidente che tuto questo non si ottiene gratis, ma comporta l’uso di risorse da reperire. Queste potrebbero arrivare sia dalla diminuzione dei costi della politica, sia da una seria lotta all’evasione fiscale. Se non si imbocca questa strada non si va da nessuna parte e dietro all’angolo c’è la recessione con tutto quello che comporta.
Mi lasci fare un ragionamento sull’equità della manovra del Governo Monti. Le banche oggi possono di nuovo avere liquidità. Il Governo garantisce le loro obbligazioni e le banche possono rivolgersi alla Bce. Ma il credito per le imprese e le famiglie è ancora scarso e forse lo sarà per i prossimi tre mesi. Siete preoccupati per il futuro delle imprese italiane?
Le cose stanno esattamente come dice ed è evidente che siamo preoccupati. Non dimenticandoci che l’equità di cui si parla è spesso zoppicante, come in questo caso. Le banche sono anche loro imprese. Il peso della manovra, alla luce di queste considerazioni, lo sopportano di più proprio i soliti noti. Ed è certo che tutto questo lo faremo ben presente al Governo. Mi permetto io un ragionamento, una considerazione che vedo che nessuno fa.
Dica.
I parlamentari stanno discutendo sul fatto di percepire una stipendio adeguato alla media europea. E si sono anche resi conto che non è affatto semplice. Ma se dobbiamo prendere la media europea come metro di misura per tutto, perché non parliamo anche di prezzo medio europeo della benzina, di pensione sulla base della media europea? Non si può ragionare sempre a senso unico, per alcune occasioni, dimenticandoci poi la sostanza di tutta la questione italiana.
In vista degli incontri tra governo e sindacati si torna a parlare di articolo 18. Ma è davvero così decisiva e importante questa norma? Quanti sono i casi in cui viene utilizzata?
L’anno scorso noi ne abbiamo contati 120. Diciamo che tutta la polemica sull’articolo 18 è un falso bersaglio. È inutile attaccarsi a questioni di principio che alla fine eludono i veri problemi. In questo momento bisogna andare al cuore del problema, che è la difesa del lavoro, la riduzione delle tasse sul lavoro, la riduzione della pressione fiscale, altrimenti di quale crescita parliamo?
(Gianluigi Da Rold)