SALARIO MINIMO: IL PARERE DI TIZIANO TREU (PD). Il senatore Tiziano Treu, esponente del Partito democratico, è stato per due volte ministro della Repubblica, con il governo Dini e poi con il governo D’Alema. È un esperto di diritto del lavoro (con Dini ebbe proprio l’incarico al dicastero del Lavoro) e quindi viene spontaneo chiedergli che cosa pensa del salario minimo garantito. L’espressione è in verità un po’ generica, così come la riportano in questi giorni i giornali e si dibatte nelle trasmissioni televisive. Con molto schematismo si dice che un salario garantito a tutti esiste in quasi tutti i Paesi europei, con l’eccezione dell’Italia e della Grecia. Ma per fare chiarezza su questo argomento, lo stesso Treu fa delle opportune precisazioni.



Ci sono delle distinzioni in questa dizione di salario minimo garantito, senatore Treu?

Certamente. Il salario minimo garantito è quello che dovrebbe avere chiunque lavori, stabilendo una soglia minima di reddito. Questa è l’esatta accezione del salario minimo garantito. Un fatto di civiltà, che stiamo valutando anche noi come proposta, proprio di fronte a una situazione economica come questa. Il salario minimo è la garanzia che una persona che svolga un lavoro non può avere di meno di un determinata cifra.



Nella proposta che farete avete già stabilito la soglia?

Qui i conti sono difficili e complicati. In altri Paesi si aggiornano ogni due anni. La soglia minima, sotranzialmente, non dovrebbe essere inferiore ai mille euro. Ma, ripeto, i calcoli non sono semplici da fare.

Ma oggi si parla anche di altre forme di salario minimo.

Certo si può intendere come salario minimo anche quello che dovrebbe essere dato a una persona che è disoccupata. E questa sarebbe una indennità di disoccupazione. È un fatto fondamentale che si discuterà certamente nelle prossime settimane quando si aprirà il tavolo delle trattative. Ed è una scelta fondamentale da realizzare in questo momento storico. Non voglio ripetermi indicando la situaziuone economica e sociale. Ma questo sarebbe un passaggio probabilmente decisivo per la soluzione di diversi problemi personali e sociali. Non c’è dubbio che di fronte a situazioni di disoccupazione lo Stato debba prendersi a carico queste persone”.



Esiste anche un’altra forma di salario minimo, quello che viene anche chiamato “salario di cittadinanza”, che dovrebbe spettare a tutti, in quanto poveri, oppure giovani in cerca di prima occupazione, oppure anziani senza redditi.

Devo dire che su questo tipo di “salario di cittadinanza” io ho alcuni dubbi. È vero che esiste in molti Paesi, ma è sempre erogato dallo Stato a precise condizioni. In Gran Bretagna ad esempio, viene dato ai giovani che cercano un’occupazione, ma devono dimostrare veramente che sono in cerca di un’occupazione. In Germania, un cosiddetto “salario di cittadinanza” viene dato solo agli invalidi oppure alle persone povere che hanno oltre 65 anni. Ci sono condizioni precise da rispettare.

Una sorta di questo esperimento fu fatto anche in Italia, all’inizio del 2000 dal ministro Livia Turco.

Esattamente. Ma l’esperimento non diede complessivamente dei buoni fruttti, al di là delle buone intenzioni di chi lo aveva proposto. In alcune zone funzionò bene, in altre zone funzionò malissimo, tanto è vero che ci si accorse che questa sorta di “salario” finì spesso anche nelle mani di alcuni mafiosi. È difficile fare interventi di questo tipo. Occorrono una serie di controlli e gli intreventi devono essere ben mirati, indirizzati. Insomma la questione è tutt’altro che semplice.

Che tipo di intrevento lei si aspetta per garantire un minimo di salario alle persone in questa situazione economica?

“Io comicerei a pensare alle persone che sono disoccupate. Questo sarebbe un primo passo fondamentale. E poi si potrebbe realizzare qualche cosa per i giovani che sono in cerca di prima occupazione. Del resto questo è il settore su cui noi dobbiamo assolutamente intervenire. Basta ricordare quello che ha detto l’attuale Presidente della Bce, Mario Draghi, riferendosi alla situazione italiana. Ci sono due milioni tra precari e giovani che non hanno un lavoro. Mi accontenterei di risolvere questo problema. Sarebbe un grande passo avanti.

(Gianluigi Da Rold)