Nella serata di mercoledì 10 ottobre ha preso il via il negoziato all’interno del fronte confederale per la crescita di competitività e produttività del nostro sistema economico. Si tratta di una verifica dell’assetto dei contratti formalizzato con l’accordo del 22 gennaio 2009 che prevedeva, per l’appunto, un riscontro dopo quattro anni.
Con quell’accordo separato, siglato da tutte le confederazioni sindacali e imprenditoriali a eccezione della Cgil, si spostava il baricentro della contrattazione sul secondo livello, prevedendo la possibilità di modificare in azienda alcune regole “normative ed economiche” dei contratti collettivi, indirizzo poi consolidato lo scorso anno, quando il 28 giugno e in via definitiva il 21 settembre 2011, tutte le parti sociali, Cgil compresa, rispondendo all’articolo 8 della cosiddetta “manovra d’estate”, stabilirono il principio generale per cui spetta al livello nazionale il ruolo di garanzia dei diritti minimi dei lavoratori, mentre la contrattazione aziendale può disporre sulle materie delegate dal contratto nazionale.
Come i più ricorderanno, tre settimane or sono è stata siglata a Roma l’ipotesi di accordo per il rinnovo del contratto 2013-2015 del settore chimico-farmaceutico, dopo soli cinque giorni di trattativa e con tre mesi di anticipo rispetto alla naturale scadenza dell’intesa precedente. L’accordo, che interessa direttamente oltre 180.000 lavoratori e 3.000 aziende (il 90% delle quali piccole e medie) è molto innovativo da un punto di vista della contrattazione collettiva, e si vocifera possa servire da modello per il patto sulla produttività di cui parliamo.
Si è trattato di un chiaro segnale politico: in tempi di recessione economica, di blocchi contrattuali e di conflitti occupazionali, le parti puntano sul sistema delle relazioni industriali per trovare insieme gli strumenti necessari ad attraversare la crisi. C’è da dire che, nonostante un’intesa di fondo importante, le soluzioni adottate sono fonte di discussione, soprattutto in casa Cgil, dove la firma è stata seguita dalle dimissioni del segretario generale della Filctem-Cgil, Alberto Morselli, già destinatario di una mozione di sfiducia interna all’organizzazione.
I temi particolarmente rilevanti del nuovo contratto sono: esigibilità, flessibilità, occupabilità e produttività.
L’esigibilità, che crea condizioni di certezza delle regole e delle loro applicazioni e la coerenza di comportamenti che ne consegue, è stata considerata indispensabile in uno scenario generalmente instabile; in questo senso anche la tempestività degli accordi raggiunti rappresenta un valore per imprese e lavoratori.
La flessibilità è un aspetto trasversale importante, che parte dal riconoscimento della formazione come strumento essenziale per la qualità delle risorse umane: un alto livello di formazione può garantire un aggiornamento costante e una maggiore preparazione, cose che rendono il lavoratore più facilmente ricollocabile in differenti ambiti aziendali. In tal senso, di particolare interesse è l’attenzione riconosciuta al contratto di apprendistato, che le parti intendono regolamentare alla luce delle modifiche intervenute con il Testo unico del 2011, nella volontà di prevedere, anche per i giovani non assumibili con tale tipologia contrattuale, intese contrattuali volte a garantire una componente formativa nel contratto di lavoro.
Sul fronte dell’occupabilità prende vita il Progetto Ponte, che ha l’obiettivo di aumentare e favorire l’occupazione giovanile, creando un vero e proprio “ponte” generazionale: il lavoratore senior, che si avvia all’uscita dall’azienda, riducendo il proprio carico di lavoro, consente il subentro di una risorsa junior. In questo modo il lavoratore in uscita assume, per un tempo determinato e in part-time, il potenziale ruolo di tutor per la nuova risorsa, che ne risulta avvantaggiata. L’auspicio delle parti è che le istituzioni incentivino tale modalità con risorse adeguate. Nell’ambito di uno sviluppo di welfare contrattuale, particolarmente rilevante è l’investimento auspicato dalle parti in materia di previdenza complementare e assistenza sanitaria di settore, tematiche queste ultime che potranno rilevare con particolare interesse per i giovani e per lo sviluppo delle quali le parti intendo proporre attività di sensibilizzazione nei confronti dei lavoratori nonché strumenti di scelta da proporre fin dall’assunzione.
Per quanto riguarda la produttività, piuttosto rilevante sembra essere l’impegno rivolto allo sviluppo della contrattazione decentrata, in particolare di tipo aziendale, ritenuta essenziale al fine di sviluppare efficacemente politiche di competitività delle imprese anche mediante interventi in materia di organizzazione del lavoro, orario di lavoro e modalità di espletamento della prestazione lavorativa. Sarà inoltre possibile, previo accordo delle parti in ambito aziendale, posticipare l’erogazione delle tranche di aumento dei minimi contrattuali prevista dal contratto collettivo nazionale fino a sei mesi. Ciò rappresenta una novità nel panorama delle relazioni industriali. Inoltre, sempre per stimolare la produttività del lavoro, è consentito realizzare a livello aziendale, specifiche intese in deroga alla regolamentazione del Ccnl, fatti salvi gli aspetti connessi ai minimi contrattuali e ai diritti irrinunciabili. In questo ambito, è stata anche prevista la possibilità di agevolare l’ingresso dei giovani con normative specifiche, anche economiche.
Si tratta di spunti importanti per una buona concertazione finalizzata al rilancio della competitività delle imprese italiane. Il negoziato che porterà a un nuovo accordo sulla produttività è quindi iniziato; c’è da dire che in questo momento ci sono importanti discussioni in atto anche su altri contratti, come quello dei metalmeccanici. L’obiettivo di fondo rimane quello di ridurre il gap con la Germania, arrivato addirittura a 20 punti.