Ai 120mila esodati “graziati” dal governo dovrebbero aggiungersene altri 8.900; dovrebbero. Perché, nonostante il ministro Fornero ne abbia riconosciuto l’esistenza, basandosi sui dati dell’Inps, non ha ancora messo nero su bianco la loro tutela. Si è solamente impegnata a farlo. D’altro canto, la scusa è sempre la stessa: mancano le risorse. Per costoro, che matureranno i diritti alla salvaguardia nel biennio 2013-2014, servirebbero 440,8 milioni di euro. Ce ne sono solo 100, l’ammontare del fondo di solidarietà istituito con la legge di stabilità. Una qualche soluzione, prima o poi, sarà trovata anche per loro. Sta di fatto che restano ancora fuori circa 270mila persone. L’Inps, infatti, ha calcolato che, da qui al 2019, i cittadini che resteranno senza reddito da pensione o da lavoro in seguito alla revisione delle disciplina previdenziale saranno 390.200. L’onorevole Michele Scandroglio, esponente del Pdl in commissione Lavoro, spiega a ilSussidiario.net: «Credo, anzitutto, che la Fornero, avendo più volte commesso dei madornali errori – a partire dalla mancata previsione del fenomeno degli esodati – dovrebbe avere il garbo di trattare la materia solo dopo averla approfondita con dei tecnici che siano realmente tali o, quantomeno, dopo aver ascoltato le parti». D’altro canto, secondo Scandroglio, «l’ostinazione ad agire senza ascoltare nessuno caratterizza non solo il ministro del Lavoro, ma l’intera compagine tecnica, rendendola distante dai cittadini e dal territorio. Non è un caso che, di recente, Squinzi abbia denunciato, per l’ennesima volta, l’assenza di qualsivoglia misura per la crescita e, al contempo, l’ostinazione nell’implementare meccanismi in grado esclusivamente di compiacere le burocrazie europee». Per l’onorevole, tale logica è la stessa che ha guidato il governo nell’affrontare la questione degli esodati, «impedendo a migliaia di persone, una volta esaurita la propria funzione lavorativa, di potersi godere la vecchiaia, a causa di uno slittamento in avanti nel tempo, anche di 6 o 7 anni, dell’accesso al regime previdenziale. Il tutto, esclusivamente per ragioni di cassa».
I tecnici indicano nella mancanza di risorse l’impossibilità di risolvere una volta per tutte il problema. «Sarebbe sufficiente prendere in seria considerazione la mia proposta di legge di tassare il gioco d’azzardo, al fine di recuperare 8 miliardi di euro l’anno», dice Scandroglio. Tuttavia, il governo sostiene che il gettito proveniente da giochi e lotterie sarà inferiore alle aspettative. Al punto che non sarà possibile neppure coprire poste di bilancio precedentemente individuate. Figuriamoci, quindi, salvaguardare tutti gli esodati. «Non è questo il modo corretto di ragionare – afferma Scandroglio -. L’azzardo va trattato alla stregua del tabacco. Tabagismo e ludopatia, infatti, fanno entrambi male. Ora, siccome nessuno si scandalizza se un pacchetto di sigarette viene fatto pagare dieci euro invece di cinque, perché non si dovrebbe potere tassar l’azzardo al 25-30 o addirittura al 50%? Perché le accise sulla benzina possono salire indiscriminatamente e le tasse sul gioco d’azzardo no? Sapendo che i proventi dei giochi garantiscono almeno un centinaio di miliardi di euro l’anno, sarebbe sufficiente applicare un’aliquota che garantisse il gettito necessario per tutelare tutti gli esodati».
Normalmente l’eccessiva tassazione fa diminuire il gettito. Ma, in tal caso – spiega Scandroglio – avremmo un doppio beneficio. «Se l’eccessiva imposizione dovesse far diminuire i giocatori d’azzardo, tanto meglio. Vuol dire che innalzeremo ulteriormente l’aliquota fino al raggiungimento della cifra di cui abbiamo bisogno». Quindi? «Purtroppo, gli interessi del settore sono prevalenti rispetto a tutto il resto e le lobby della categoria sono talmente potenti che, ogni volta che la questione viene sollevata, in pochi istanti ricade nel nulla».
(Paolo Nessi)