Ottobre 2010: in Piazza San Giovanni Susanna Camusso interviene per la prima volta come segretario generale della Cgil. La manifestazione è stata proclamata per mostrare al Paese le ragioni del proprio dissenso verso le scelte politico economiche del Governo Berlusconi che la confederazione riteneva inadeguate a contrastare gli effetti di una crisi economica che stava già duramente colpendo il sistema Paese. Dopo due anni il “sindacato rosso” scende di nuovo in piazza. Questa volta contro le politiche per il lavoro e per la crescita del nuovo esecutivo di “Super Mario”. È arrivato quindi puntuale, anche quest’anno, l’autunno caldo delle rivendicazioni sindacali.



La piazza, quella di San Giovanni, diventa per un giorno qualcosa di diverso. Nascerà, infatti, per poche ore una città nella città: un vero e proprio “villaggio del lavoro”. L‘ambizione degli organizzatori è quella di vivere, attraverso una serie di stand rappresentativi dei diversi territori e delle federazioni, un viaggio dentro la crisi che verrà rappresentata, anche visivamente, in una stessa piazza che è allo stesso tempo fisica e virtuale. Non mancheranno, ovviamente oltre ai lavoratori, i delegati e i dirigenti a ogni livello, attori, giovani e musicisti. Se proprio non ci sarà il concertone non potrà mancare, infatti, almeno un concertino.



Il sindacato di Corso Italia scende, quindi, oggi di nuovo in piazza per tornare a far parlare il lavoro e per parlare del lavoro che manca nel Paese. La confederazione di Susanna Camusso chiede al Governo Monti, insomma, in questa fase di dura crisi economica e sociale che ancora colpisce duramente l’Italia, di mettere “il lavoro prima di tutto” come recita lo slogan della manifestazione. In questo quadro, la Cgil pone come primo punto delle rivendicazioni avanzate all’esecutivo la richiesta che questo si adoperi per rilanciare un’organica politica industriale sulla base della quale immaginare di poter tornare a costruire un futuro di sviluppo per il sistema imprenditoriale made in italy. Si prospetta, quindi, un nuovo modello di sviluppo che sia in grado di far convivere assieme per gli anni a venire i processi d’innovazione  sostenibilità economica e sociale del fare impresa.



Probabilmente, in questa direzione Governo, Regioni ed Europa possono fare di più. Anzi, si potrebbe addirittura sostenere che, in materia di crescita e rilancio del sistema produttivo, è legittimamente auspicabile chiedere misure più incisive in grado di vincere le scommesse che la crisi globale ci lancia in questi difficili mesi. È su queste sfide che si misurerà, infatti, la capacità del team di tecnici guidato da Monti di saper declinare insieme rilancio dell’economia e sostenibilità dei bilanci pubblici. Da più parti, sia a livello sociale che politico, si invita quindi ora “Super Mario” a lanciare la fase due dell’esecutivo da lui guidato.

Non si può, tuttavia, negare che molte cose sono state fatte in questi ultimi dodici mesi per tenere dritta la barra dei nostri conti pubblici, presupposto per ogni ipotesi di rilancio del Paese. Un’attenzione quasi ossessiva alla credibilità internazionale e alla bontà dei nostri bilanci rappresenta infatti per il Governo la pietra angolare su cui poter costruire le strategie della crescita. Non sembra, tuttavia, opportuno chiedere, come fa la Cgil, nuovi interventi relativi alle politiche per l’occupazione e del mercato del lavoro. Solo pochi mesi fa, infatti, è stata licenziata dal Parlamento un intervento di complessivo riordino normativo in questa delicata materia.

La “Riforma Fornero” opera, infatti, innovazioni, anche significative, rispetto al precedente quadro regolatorio. Sebbene, infatti, alcune disposizioni, quali quelle sulla flessibilità in entrata, siano state approvate tra molte perplessità è doveroso, prima di ulteriori interventi correttivi, monitorare per un congruo lasso di tempo le loro ricadute in termini di efficienza e di equità.

In questa prospettiva il primato del lavoro lo si promuove, prima di tutto, garantendo un quadro di riferimento il più possibile chiaro e stabile che aiuti a valorizzare al meglio le opportunità presenti per i lavoratori e per le imprese, in particolare quelle legate al potenziamento e allo sviluppo del capitale umano. Una moderna difesa del lavoro, quindi, che sia declinata al futuro e guardi all’Europa abbandonando la strategia della sterile difesa di un affascinante ed esotico “villaggio del lavoro” che risulta effimera e incapace di offrire risposte concrete ed efficaci alle difficili sfide del nostro presente.

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