La Fiat di Pomigliano ha avviato oggi la procedura di mobilità per diciannove operai. La decisione, annuncia in una nota il Lingotto, è stata presa a seguito all’ordinanza della Corte D’Appello di Roma che obbliga la casa automobilistica ad assumere i diciannove dipendenti di Fiat Group Automobiles iscritti alla Fiom che hanno presentato ricorso per una presunta discriminazione. Nel documento si precisa, infatti, che “l’attuale struttura è sovradimensionata e che, di conseguenza, ha dovuto ricorrere alla cassa integrazione”. «L’imprenditore è arbitro del numero dei lavori della sua azienda, ai sensi dell’articolo 41 della Costituzione – spiega Carlo Alberto Nicolini, avvocato esperto di diritto del Lavoro, a ilSussidiario.net – Solo lui può stabilire qual è il numero congruo per svolgere un’attività produttiva nella sua azienda. La vicenda è piuttosto complessa e, a prescindere dai motivi che hanno spinto il giudice al reintegro, se si impone l’assunzione di un certo numero di lavoratori, si pongono i presupposti perchè l’imprenditore abbia buon gioco nel dichiarare che c’è un esubero».
E’ davvero un discorso così “matematico”?
E’ chiaro che questo è un discorso puramente teorico, poiché nulla impedisce di sospettare che questa sia un’azione di “risposta” e venata da una certa anti-sindacalità. Sebbene appaia ovvio che a una pronuncia forte della giurisprudenza, il datore abbia replicato con un segnale altrettanto forte.
Qual è lo scenario futuro che si prospetta?
Se, come immagino, si aprirà un altro procedimento di repressione della condotta antisindacale, staremo a vedere chi convincerà il giudice: se i ricorrenti che dicono che questa è un’azione volta alla ritorsione o la società che sostiene un effettivo esubero. Oltretutto, è coinvolta anche una procedura di mobilità che ha un iter ben preciso: se azienda e Parti sociali non trovano un accordo, l’apparato istituzionale cercherà di mediare e di trovarne uno.
Alcuni sindacalisti, come Sgambati della Uilm sostengono che il provvedimento “è la conseguenza di chi pensa di fare relazioni sindacali nelle aule di tribunale e la Fiat risponde alla legge con la legge”. Anche secondo lei, quella di Fiom è stata una forzatura inutile e dannosa per i propri iscritti, ma, soprattutto, per gli altri operai?
Premetto che le azioni sindacali si sono sempre svolte fuori, attraverso gli scioperi dove in pratica vince chi resiste di più, ma anche dentro le aule giudiziarie: sia lavoratori che sindacati sono stati muniti di questa formidabile arma che va sotto il nome di articolo 28 (sulla Repressione della condotta antisindacale, ndr) che è stata determinante dal 1970 in poi nel rafforzare il sindacato. E’ come negare l’evidenza dire che l’azione sindacale non riceve forza dalle tutele di legge, in particolare da quella giudiziaria. Detto questo, penso che il sindacato sia stato furbo e abile, ma vedremo se lo sarà ancora di più la Fiat: del resto, non siamo altro che a una nuova puntata di quella che ha preso i contorni di una telenovela che mostra l’incapacità di tutte le parti di trovare una soluzione.
Cioè?
Questa conflittualità è accentuatissima non solo fra Fiat e una parte del sindacato ma, sostanzialmente, non fa che sottolineare la spaccatura all’interno del mondo dei sindacati. Tutto questo non fa bene a nessuno: all’azienda, ai lavoratori e anche all’Italia.
Molti hanno criticato il silenzio del Governo e il ministro Passera che ha detto: “La mossa non mi è piaciuta, ma Fiat è un’azienda libera”. Davvero l’Esecutivo può fare qualcosa per tentare di sanare l’ennesima spaccatura?
Le parole del titolare del ministero dello Sviluppo Economico mi sembrano istituzionalmente corrette. La controversia è collettiva, ma non dimentichiamo che è di carattere privato: mi rendo conto che questa situazione sia degna della massima attenzione, ma, in questa fase e soprattutto su questo specifico episodio, è una questione fra Fiat e le Parti sociali in causa.
Il Governo, dunque, non può intervenire in nessun modo?
L’unico spazio di intervento è che l’Esecutivo tenti di far sedere intorno a un tavolo le controparti anche se non mi pare che né l’azienda, né i sindacati abbiano desiderio di farlo. Il Governo non può intromettersi nel merito della questione, perchè sarebbe interferire non solo in rapporti sindacali, ma, soprattutto, in controversie che riguardano i tribunali e, quindi, il potere giudiziario. L’ultima parola spetta al giudice.