554 milioni in otto anni (64 milioni nel 2013, 134 nel 2014, 135 nel 2015, 107 milioni nel 2016, 46 milioni nel 2017, 30 milioni nel 2018, 28 milioni nel 2019 e 10 milioni nel 2020) per 10.130 esodati, quei lavoratori che avevano stipulato patti con l’azienda prima che entrasse in vigore la riforma delle pensioni varata dal ministro Elsa Fornero e che, di fatto, sono rimasti senza stipendio, né trattamento previdenziale. È questo il contenuto di un emendamento approvato dalla Commissione Bilancio della Camera. Con questi 10mila salgono quindi a 140mila il numero dei lavoratori a cui il Governo ha assicurato un pensionamento con le vecchie regole. «I fondi stanziati – spiega Luigi Bobba, vicepresidente della commissione Lavoro della Camera a IlSussidiario.net – sono stati presi da una de-indicizzazione delle pensioni che superano sei volte il minimo, cioè sopra i 2.800 euro. In pratica, dalle pensioni più elevate si otterranno questi 554 milioni ed è una clausola di salvaguardia che scatterà qualora i 9 miliardi sommati ai 100 milioni, contenuti nella legge, non fossero sufficienti a coprire questa nuova platea individuata». Dunque, il blocco dell’adeguamento al costo della vita delle pensioni sei volte più alte del minimo, pari a 481 euro al mese, ci sarà solo se non saranno sufficienti i fondi già stanziati. Un provvedimento che, però, dovrebbe essere applicato solo a partire dal 2014, dal momento che queste pensioni sono già de-indicizzate. L’emendamento sugli esodati che ha ottenuto il via libera dalla commissione Bilancio era stato depositato dai relatori della Legge di stabilità Pierpaolo Baretta del Pd e Renato Brunetta del Pdl: il tema è, dunque, chiuso, dal momento che ha ottenuto il via libera anche dalla Ragioneria dello Stato. «Non c’è ancora il voto finale – continua Bobba – che arriverà giovedì mattina e c’è ancora tutta un’altra giornata davanti, in cui parleremo però di altre questioni, come ad esempio le detrazioni fiscali».



Sul tema esodati, rimane però ancora da sciogliere il nodo spinoso che riguarda quei lavoratori che tecnicamente non sono stati considerati dal Governo come tali. «Sono rimasti fuori dalla platea – spiega Bobba – coloro che non rientrano nella definizione di esodati e, cioè, chi ha perso il lavoro o per chiusura o per fallimento dell’azienda nel 2011. Questo è l’unico punto critico che è rimasto e su cui si cercherà di metter mano al Senato dove, presumibilmente, verranno poste delle modifiche. Oggi abbiamo chiuso un capitolo e, in futuro, cercheremo di salvaguardare anche questi lavoratori ancora nel limbo».



Dove reperire i fondi? «La nostra idea è sempre la stessa – prosegue Bobba -, cioè porre un contributo di solidarietà sui redditi dai 150mila ai 300mila euro e un secondo “fondo di riserva” con un aumento dell’accise sui tabacchi».

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