Attraverso un lungo e serrato confronto tra la commissione Lavoro e i relatori della Legge di stabilità della commissione Bilancio, Renato Brunetta e Pier Paolo Baretta, si è giunti a una soluzione che, quanto meno, limiterà i danni: altre 10.130 persone saranno tutelate mentre viene istituito un fondo di 100 milioni, ove confluiranno anche i risparmi provenienti dai 9 miliardi individuati per salvaguardare i primi 120mila esodati. L’ex ministro del Lavoro, Cesare Damiano, dalla pagine de l’Unità, ha fatto sapere che non è poco. Ma è ben lungi dall’essere abbastanza. Nell’ambito della Legge di stabilità, secondo lui, ci sarebbero i margini per comprendere nelle salvaguardie altri cittadini che rischiano di restare senza reddito da pensione e da lavoro per effetto della riforma Fornero. Il senatore Maurizio Castro, vicepresidente della Commissione Lavoro a Palazzo Madama, spiega a ilSussidiairo.net perché è convinto del contrario. «Con molto realismo, dobbiamo riconoscere che il lavoro effettuato da Baretta e Brunetta in commissione Bilancio alla Camera, in sede di definizione della platea degli esodati e del reperimento dei relativi fondi, è stato particolarmente lungo e articolato. Non credo che, a oggi, ci siano i margini per l’ennesima riperimetrazione della platea rispetto a quella configurata dalla Legge di stabilità, né ulteriori disponibilità finanziarie». Questo non significa che il perimetro sin qui individuato sia del tutto soddisfacente. «Credo che alcuni segmenti resteranno esclusi. Ma, in sede di conversione della legge, piuttosto che aprire un’altra fase convulsa e che rischia di essere inconcludente, come è stata per molto tempo quella che finalmente si avvia a essere portata a termine, dovremmo conferire un forte affidamento politico al Governo, volto a non considerare chiusa la partita, ma ad aprire un tavolo funzionale alla conclusione della vicenda».
Secondo Castro, quello che serve adesso è «l’ideazione di un commissario straordinario. Un figura di grande autorevolezza istituzionale che si prenda carico di una mappatura conclusiva di chi è meritevole di tutela». Perché a oggi, a un anno della riforma, i numeri precisi ancora non sono disponibili. «Che il ministero abbia la sua quota di colpe mi pare del tutto evidente. Il primo errore risale al fatto che si è voluto ritenere, sulla scorta di un certo “illuminismo sociale”, che si potesse pensare a una riforma previdenziale senza prevedere una stanza di compensazione per i cittadini che ne sarebbero stati maggiormente danneggiati. Si è pensato, in sostanza, che fosse sufficiente il decreto del principe».
Ma a questo si è aggiunto il comportamento dell’Inps: «A onor del vero, va ricordato che, in tutta la vicenda, l’Inps non ha assunto un atteggiamento limpidissimo; fornendo al ministero una collaborazione tutt’altro che leale. E’ opinione comune che parte dell’istituto, e mi riferisco in particolare al presidente, sia più attenta all’esercizio della sua influenza istituzionale». Tornando agli esodati, «parallelamente all’istituzione di un commissario, il governo si dovrà impegnare a risolvere definitivamente la questione. Affermando ufficialmente che, di volta in volta, si adopererà per trovare copertura per gli esodati che diventeranno tali negli anni successivi».
(Paolo Nessi)