I dati forniti dall’Istat sul nuovo record negativo raggiunto dalla disoccupazione (11,1%, il dato più alto dal 2004 nelle valutazioni mensili, il più alto dal 1999 nelle valutazioni trimestrali) hanno provocato un urlo di dolore. Politici e sindacati hanno infatti parlato di dati impressionanti che lasciano sbigottiti, in particolare la disoccupazione giovanile che tocca un tasso del 36,5%. Secondo Mario Mezzanzanica, Professore di Sistemi informativi all’Università Bicocca di Milano, «stupisce che qualcuno rimanga sorpreso da questi dati, in quanto ampiamente annunciati. Anzi, l’ultimo scorcio del 2012 li porterà ad aumentare ancora, con una punta del 12%: chiunque si occupa di mercato del lavoro e ne conosce l’andamento lo avrebbe dovuto sapere». Due i fatti che hanno portato a questa situazione, secondo Mezzanzanica: «Le politiche di rigore del governo Monti, che non hanno saputo puntare verso una vera politica dello sviluppo e della crescita, e le politiche dei governi degli ultimi vent’anni, colpevoli di essere ingessate dalle corporazioni che hanno creato quelle difficoltà enormi che oggi ci sono». 



I dati Istat denunciano un nuovo picco record della disoccupazione.

Si tratta di dati da tempo previsti. Mi permetto di dire anche che le nostre previsioni come Università Bicocca dicono che nei prossimi mesi tali dati dovrebbero ancora crescere in termine di valori mensili e trimestrali. Quindi sono dati purtroppo previsti e che si stanno verificando. Questo fatto era sostanzialmente a conoscenza di tutti, soprattutto di coloro che si occupano di mercato del lavoro e che ne conoscono il suo andamento.



Sono dati da imputare al lungo strascico della crisi che investe Italia ed Europa da tempo, o piuttosto alle politiche di rigore del governo Monti?

Quanto questo sia dipendente dalle politiche governative o dall’intervento della legge Fornero di riforma da poco in attuazione non è semplice dirlo oggi. Certo si può riscontrare che la politica del rigore ricercata certamente anche in modo cosciente da parte del governo ha comportato questa difficoltà nel campo dell’occupazione che stiamo riscontrando. Che ripeto era ampiamente prevista.

Cosa vuol dire questo, in termini concreti?



Sostanzialmente che il governo  e la politica in generale non hanno saputo intervenire o non hanno voluto intervenire sul tema dell’occupazione e sul tema della crescita e sviluppo. Non hanno messo in piedi misure incisive a favore di una ripresa dell’occupazione o di una ripresa economica che sapesse trascinare l’occupazione.

Alla pubblicazione di questi dati in molti, tra i politici e i sindacati, hanno espresso stupore.

Credo proprio che sia impossibile esserne stupiti, anche perché ci sono pubblicazioni e studi che lo dimostravano in anticipo. I nostri studi, ad esempio, prevedono nell’ultimo trimestre di quest’anno che si arriverà complessivamente al 12%, ci sarà quindi una ulteriore crescita. Che ci siano persone che rimangono colpite da questi valori è veramente strano. Credo invece siano ben coscienti di questo fatto e che le politiche attuate in materia di crescita e sviluppo e in materia di occupazione non stiano andando nella direzione di favorire la crescita di occupazione, soprattutto per i giovani nel nostro Paese.

I dati sono negativi anche per quello che riguarda l’Eurozona.

In realtà i dati negativi riguardano una parte dell’Ue: mediamente c’è una crescita della disoccupazione, ma ci sono paesi che soffrono molto meno di quelli del Mediterraneo. La Germania sta avendo buon risultati, ha tassi di disoccupazione decisamente più bassi, soprattutto a livello giovanile rispetto ad altri paesi. 

Il famoso detto: ci si salva tutti insieme oppure no, secondo lei è ancora valido a questo punto?

Credo che certamente il fatto di salvarci tutti insieme detto come slogan sia un punto importante, purtroppo non si vede la capacità vera di muoversi insieme a favore della crescita. Le politiche per la crescita sono ancora veramente carenti. a livello di Unione europea.

Qual è l’ostacolo principale per una politica di crescita? 

Una politica per la crescita significa ripartire con investimenti. L’ultima finanziaria introduce qualcosa, però le cose vanno molto a rilento e i processi di approvazione di manovre che cercano di spingere almeno qualche piccolo tentativo di investire per la crescita sono lenti. Invece, la spada di Damocle della disoccupazione è molto rapida.

Forse ci si è illusi troppo che affidarsi a dei tecnici ci avrebbe portato in pochi mesi fuori della crisi?

Forse nel periodo in cui è partito il governo dei tecnici il nostro Paese non poteva permettersi di fare altro. Questo porta a tutta quella disaffezione sempre più evidente verso la politica da parte dei cittadini, perché la classe politica negli ultimi venti anni fosse di sinistra o di destra, non ha saputo intervenire guardando veramente in avanti su quali erano i problemi da affrontare.  E’ stata una politica ingessata dalle corporazioni che creano poi quelle difficoltà enormi che oggi ci sono.  

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