La Legge di stabilità del 2013 ha una sorpresa: la proroga dei contratti della Pubblica amministrazione. La notizia è circolata insistentemente negli ultimi giorni e molto probabilmente verrà inserita una norma che “salverà” circa 160mila persone a cui scade il contratto a fine anno. Vi sono in totale circa 250mila persone con un contratto precario nella Pa, ma solo i due terzi di questi hanno scadenza a fine dicembre 2012.
La domanda che ci si potrebbe porre è questa: com’è compatibile questa scelta con il raggiungimento del pareggio di bilancio nel 2013? Infatti, tale decisione, che sembra essere molto “politica”, prevede che i contratti di questi lavoratori vengano prolungati di altri sei-sette mesi. Se così fosse, la decisione “finale” sul destino dei precari della Pubblica amministrazione toccherebbe al Governo che s’insedierà dopo le elezioni di marzo.
La decisione di non consentire i rinnovi derivava dalla Finanziaria Tremonti del 2010, che tagliava del 50% i contratti a tempo determinato al fine di consentire risparmi. È chiaro che vi sia un conflitto tra le esigenze della Pubblica amministrazione di gestire i propri compiti con le risorse a disposizione e le esigenze del pareggio di bilancio della finanza pubblica. C’è da chiedersi se la decisione di tagliare i precari non derivi dall’impossibilità e dall’incapacità dei diversi Governi, tecnici e non, di licenziare quei lavoratori pubblici che hanno un contratto a tempo indeterminato.
Nel momento in cui si decide di effettuare dei risparmi, e questi sicuramente sono necessari, vi sono due manovre da compiere contemporaneamente: la riduzione dell’organico; la diminuzione dei salari pubblici.
Partendo dal secondo punto, si ricorda che il Governo Zapatero, a capo di un esecutivo di centrosinistra in Spagna, poco prima di andare alle elezioni, decise di effettuare un taglio del 10% di tutti gli stipendi pubblici. Un tale provvedimento servì per limitare il buco di bilancio spagnolo, ma è chiaro che non poteva risolvere tutti i problemi. In Italia, inoltre, se si guarda l’andamento dei salari pubblici, si nota che nel decennio tra il 2000 e il 2010, l’incremento di questi è stato molto superiore all’inflazione e a quelli del settore privato. Nel primo quinquennio addirittura l’incremento fu superiore al 7% annuo secondo i dati Istat. Per correttezza bisogna ricordare che i salari pubblici sono congelati, ma nessun Governo italiano ha avuto il coraggio di effettuare una manovra simile a quella di Zapatero.
La riduzione dell’organico della Pubblica amministrazione è ancora più spinosa. Le leggi attuali rendono davvero complicato il licenziamento della forza lavoro in eccesso. I dipendenti pubblici a tempo indeterminato sono quasi “intoccabili” ed è per questa ragione che nessun Governo ha preso una decisione di ridurre gli organici in funzione delle esigenze reali delle funzioni da svolgere. Una riduzione degli organici in funzione delle esigenze significa continuare ad avere del personale con dei contratti a tempo determinato, perché potrebbero esserci dei picchi di lavoro da “coprire”, ma al contempo ridurre il numero dei lavoratori dove questi siano in eccesso. Quindi licenziare indiscriminatamente solo i lavoratori a tempo determinato è la foglia di fico di uno Stato incapace di prendere delle decisioni serie.
La proroga da un certo punto di vista è una scelta non sbagliata in principio, ma solo a patto che il Governo successivo effettui poi i tagli dei lavoratori in eccesso nella Pa. Succederà mai questo?