La superiorità dell’economia tedesca in Europa è proverbiale anche per merito di un sistema di relazioni sindacali efficace e adeguato ai bisognI delle parti in campo. Berthold Huber è il presidente di Ig Metal, il più grande sindacato europeo. Intervistato da CorrierEcomomia, ha spiegato che le performance invidiabili delle imprese tedesche dipendono anche dal fatto che, nei loro Cda, siedono i rappresentanti dei lavoratori. E che, la compartecipazione agli utili delle aziende, in Germania, è prassi consolidata. Poi, rivolgendosi ai sindacati italiani, ha rimproverato loro due cose: l’incapacità di marciare uniti e l’assenza di flessibilità. Ferdinando Uliano, segretario nazionale della Fim Cisl, spiega a ilSussidiario.net come stanno le cose. «Quello che dice Huber è vero, ma non è di certo un messaggio indirizzato alla Fim-Cisl. Ogni volta che si è trattato di discutere di flessibilità o produttività, infatti, ponendo ovviamente le nostre condizioni, non ci siamo mai tirati indietro. Abbiamo affrontato le questioni che ci venivamo sottoposte, declinandole secondo i bisogni dei lavoratori che rappresentiamo». Le divisioni, tuttavia, non sono mancate. «E non mancano, specialmente nel settore metalmeccanico. Ma il problema è che la Fiom, di fronte a gran parte dei problemi che si presentano, è solita assumere un approccio prevalentemente ideologico. Non è un caso che, più volte, assieme alla Uil, abbiamo incontrato Huber, ritrovandoci su posizioni molto vicine, specialmente sul fronte dell’impostazione contrattuale».
Per intenderci, pochi giorni fa, il 5 dicembre, è stato siglato il contratto dei metalmeccanici e dell’industria: «Introduce un sistema modulare di turnistiche in grado di accogliere le sfide della competizione e, contestualmente, accoglie diverse istanze di diritti individuali, quali il pagamento dei turni in misura superiore rispetto alla precedente». Ebbene, «sul tavolo negoziale, ancora una volta, la Fiom si è divisa da noi. Sempre per ragioni ideologiche, ha deciso di non firmare il contratto. Ed è già il quarto di fila che non sottoscrive assieme a noi. Un sindacato che per quattro volte non firma un contratto dovrebbe interrogarsi circa la propria strategia». Un atteggiamento analogo a quello assunto di recente, quando tutte le parti sociali, tranne la Cgil, hanno siglato l’accordo sulla produttività. «In un documento precedente alla stesura dell’accordo aveva accolto l’ipotesi di collegare parte degli aumenti salariali legati alla produttività alla contrattazione decentrata. Nella fase finale, tuttavia, ha deciso di smarcarsi. Non tanto per questioni di merito, quanto per quelle legate alla rappresentanza della Fiom. In questo episodio è emerso come Cisl e Uil abbiamo intrapreso un percorso simile a quello di gran parte dei sindacati europei. E che anche Huber, in una situazione del genere, avrebbe avuto enormi difficoltà a preservare l’unità sindacale».
Il sospetto è che il distinguersi della Cgil sia motivato da un evidente e marcato orientamento politico. «Questo è vero – afferma Uliano – più che altro per il settore dei metalmeccanici; spesso la Fiom è più presente in certi ambienti politici che in quelli contrattali. Tuttavia, in altri settori come, ad esempio, il chimico, abbiamo sempre marciato uniti». Rispetto, infine, alla partecipazione dei lavoratori all’imprese, la strada è ancora lunga. «Rivendichiamo da tempo un livello di coinvolgimento, anche a livello decisionale, simile a quello dei sindacati tedeschi. Tuttavia, non solo siamo carenti dal punto di vista legislativo, ma riscontriamo una resistenza delle imprese a spartire quote di potere con i propri dipendenti».
(Paolo Nessi)