Una piaga dilagante e irrefrenabile. In Italia è ai massimi storici, all’8,9% (al 31%, quella giovanile), mentre nella zona euro un lavoratore su 10 è a spasso, (16,5 milioni di persone), il record dalla nascita della divisa unica. Se, poi, guardiamo all’Ue, la cifra sale a 23,8 milioni. Per far fronte all’agghiacciante disoccupazione, l’Europa ha deciso di sbloccare 82 miliardi di euro di fondi strutturali ancora inutilizzati dai singoli Stati; serviranno a creare nuovi posti di lavoro, mentre 8 saranno destinati all’Italia. Attenzione, però: il prezzo da pagare sarà ciò che molti definiscono un “commissariamento”. Ovvero, una task force di esperti – burocrati e funzionari – che agiranno in sinergia con i ministeri e le parti sociali, monitorandone l’operato, dando consigli, influenzandone l’agire. E, alla fine, legando l’erogazione finale ed effettiva dei fondi alla condizioni che decideranno di imporre. Un commissariamento, appunto. O no? «Credo che in questa operazione ci siano tre elementi da tenere in considerazione, per comprenderne l’effettiva natura», afferma, raggiunto da ilSussidiairo.net Luca Solari, docente di Organizzazione aziendale presso l’Università degli Studi di Milano. «C’è, anzitutto, un problema specifico legato ai fondi strutturali destinati all’Italia. Spesso, in passato, gran parte di essi, benché a disposizione, non sono stati utilizzati da tutte le Regioni. Alcune, come la Lombardia e l’Emilia Romagna, se ne sono avvalse interamente. Altre non sono state in grado di farlo. Dal momento che tali fondi sono finanziati dagli Stati membri e avendo l’Italia molte più Aree obiettivo degli altri Paesi, credo che ci sia un esigenza di controllo».
Un altro problema, è legato alla destinazione d’uso di queste risorse. «Al di là di singoli episodi ai confini con l’illegalità, non sempre i finanziamenti europei sono stati impiegati realmente per provvedimenti funzionali al mercato del lavoro. Vi è stato un uso formalmente corretto dei fondi, ad esempio, per formare professionalità inesistenti. Ovvero: si dice che quei fondi siano stati impiegati per trovare un lavoro a chi andava in aula per fare formazione».
Il terzo aspetto è quello più determinante. «C’è difficoltà a trovare un accordo sulla riforma del mercato del lavoro. Può darsi che il commissariamento, in realtà, sia il frutto di una strategia concordata per esprimere quella pressione europea in grado di far digerire decisioni non gradite all’attuale maggioranza. Credo, in sostanza, che questo intervento sia puramente simbolico». Come quando Berlusconi chiese esplicitamente all’Europa di imporre all’Italia talune riforme. «Esattamente. E, oltretutto, il rivolgersi a un potere superiore affinché svolga tale funzione suppletiva rappresenta un “vezzo” tipicamente italiano». Sta di fatto, che potrebbe trattarsi di un pericoloso precedente. Demandare quote di sovranità secondo modalità che non sono esplicitamente definite dai trattati, potrebbe determinare, in futuro, l’abitudine a ingerenze di ogni ordine e grado. «Questi processi devono passare tramite forme d’accordo che garantiscano un’accettazione basata sulla piena sovranità», dice Solari. «Temo, tuttavia, che queste dinamiche riflettano l’incapacità delle politiche nazionali e comunitarie di contemperare il progetto europeo con la coesione sociale interna ai paesi membri».
Secondo Solari, vi è un difetto di bilanciamento dei poteri tra centro e periferia. «A livello nazionale, si ha il potere formale, ma non quello sostanziale di prendere decisioni richieste dall’assetto indipendente del mercato unico europeo e dalle moneta unica, mentre a livello centrale non si hanno gli strumenti operativi per imporsi sugli Stati membri. Per cui stiamo assistendo a un bizzarro balletto dove, in questo fase, le volontà politiche stanno venendo sottomesse a un assetto tecnocratico. In cui la Banca centrale sta svolgendo un ruolo sempre più da protagonista».
(Paolo Nessi)