Discutere oggi di articolo 18 sembra una dichiarazione di guerra alle tutele. Non è così, si tratta invece di rafforzare la centralità del contratto a tempo indeterminato come rapporto di lavoro fondamentale e normalmente preferibile. Rimuovere la logica protezionistica dell’articolo 18, infatti, ha come primo scopo quello di incentivare proprio il contratto a tempo indeterminato, conducendo le parti a concepire il rapporto lavorativo come reciproco investimento a medio-lungo termine, basato sulla libera e reciproca responsabilità. Non ci può essere obbligo a restare insieme quando non è conveniente per nessuno.



L’odierno contratto, a causa dell’inamovibilità a cui spesso conduce, non incentiva l’azienda a questa scelta e costituisce una forte causa del dualismo tra chi è “dentro” il mercato del lavoro e chi è “fuori”. Modificare l’articolo 18 nel tentativo di rimuovere tale dualismo significa creare una maggiore omogeneità di opportunità per tutti e, inoltre, aprire il mercato a nuovi investimenti. Con un contratto a tempo indeterminato più flessibile si creerebbero le condizioni per dare stabilità alle forme di buona flessibilità, puntando sulle modalità autenticamente in grado di coniugare tutele per i lavoratori e flessibilità per le aziende, come nel caso dei contratti applicati dalle Agenzie per il lavoro (Apl) che costituiscono una barriera a tutte le forme spurie, non tutelate e a basso salario nonché un argine contro l’abuso del contratto a termine, spesso utilizzato per evitare assunzioni a tempo indeterminato.



Le Apl svolgono un ruolo chiave nel mercato, perché si prendono cura del percorso professionale e formativo e affiancano le persone nello sviluppo dell’employability, prevedendo anche forme di assunzione a tempo indeterminato o in apprendistato. Togliere l’inamovibilità del posto di lavoro può però rivelarsi pericolosissimo se la persona non viene accompagnata dalle aziende attraverso una presa in carico responsabile e, in via sussidiaria, dal sistema pubblico, per sostenerla sino a una nuova occupazione.

La condizione in cui ci troviamo, di dover riformare il contratto a tempo indeterminato, costituisce insieme la grande opportunità di considerare il welfare come uno strumento in grado di incentivare crescita e produttività, non più un sistema concepito in chiave risarcitoria che conduce a una deriva depressiva e deresponsabilizzante.



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