Da settimane li affligge l’incertezza di un provvedimento che sta loro col fiato sul collo; auspicano che governo e Parlamento tengano fede alle promesse. E che li sottraggano ai pericoli di uno scenario immutato. Se tutto, infatti, dovesse rimanere così com’è, se il decreto Milleproroghe fosse approvato in Senato senza modifica alcuna, per lavoratori precoci, esodati e per chi svolge lavori usuranti sarebbero dolori. Andrebbero in pensione molti anni più tardi del previsto. Pur avendo, magari, iniziato a lavorare in tenera età, non avendo attualmente un lavoro, o praticando mestieri che riducono le aspettative di vita. Il capogruppo in Senato dell’Idv Felice Belisario, che di recente ha lanciato il portale politicaevalori.it, ci spiega la posizione del suo partito.



Crede che vi siano margini di manovra per correggere, al Senato, il decreto Milleproroghe sul fronte delle pensioni?

L’anomala maggioranza Pd-Pdl-Terzo polo ha dimostrato di voler sostenere il Governo nella sua missione di applicare il massimo rigore nei confronti delle fasce sociali più deboli. L’Italia dei Valori, che pure ha acconsentito alla nascita dell’Esecutivo Monti, continua a chiedere misure di giustizia sociale. In Senato abbiamo presentato i nostri emendamenti proprio per garantire la più ampia equità possibile agli interventi sulle pensioni. Ci sono alcuni margini di modifica del decreto, ma non ci accontenteremo di timidi ritocchi che lascino intatto l’impianto del provvedimento: per chi ha lavorato onestamente sono previsti sacrifici da lacrime e sangue, mentre evasori, speculatori e possessori di grandi rendite non piangono né tanto meno si svenano per contribuire a risanare i conti. Così com’è, il decreto è invotabile e non credo che possa migliorare significativamente.



Quali sono le vostre proposte relativamente a lavoratori precoci, esodati e usuranti?

Abbiamo presentato un emendamento per ampliare il più possibile la platea di lavoratori da salvaguardare dall’impatto della riforma; ci sono circa 70.000 persone che sono interessate da accordi di mobilità o da incentivi all’esodo di altro tipo che, con la formulazione attuale, sarebbero completamente escluse dalle misure previste dal decreto Salva-Italia. Sui lavoratori precoci nel settore scolastico prevediamo di agganciare la finestra contributiva all’anno scolastico, non a quello solare, mentre per i lavori usuranti chiediamo, ad esempio, di salvaguardare chi ha conseguito patologie a causa dell’esposizione all’amianto.



Sui lavori usuranti, crede che si tratti di un tema da analizzare con calma, al di fuori del dibattito sul Milleproroghe?

Credo di sì.

In che termini, quindi?

Partendo anzitutto da un confronto con le parti sociali; il tema del lavoro usurante merita di essere affrontato seriamente perché è di fondamentale importanza per il vero progresso sociale. Non si può certo prospettare un intervento approfondito con il decreto Mille proroghe.

Dove pensate di trovare la copertura necessaria?

Attraverso l’istituzione di un’imposta sui grandi patrimoni mobiliari e immobiliari, si tratta di una misura di equità con cui chiediamo qualche sacrificio anche a chi finora non ne ha mai fatti.

Come valuta, nel complesso, la riforma delle pensioni?

È una riforma iniqua. Non siamo contrari a una riforma delle pensioni, ma non si può colpire chi ha pagato quarant’anni di contributi. Interveniamo invece sulle doppie pensioni e sulle pensioni d’oro, facciamo pagare per una volta il conto a chi finora ha goduto di clamorosi privilegi.

Può spiegarci le ragioni della vostra mozione per non toccare l’articolo 18?

La ragione è semplice: non è cancellando i diritti dei lavoratori che si risolve l’emergenza occupazionale. Bisogna al contrario estendere le tutele per rafforzare e dare stabilità al sistema produttivo. Quello dell’articolo 18 è un falso problema, le garanzie faticosamente conquistate in più di quarant’anni di lotte sono un fattore di civiltà su cui un Paese moderno e democratico non può accettare compromessi. Parliamo di come favorire l’ingresso nel mondo del lavoro, non l’uscita.

L’onorevole Francesco Boccia (Pd), su queste pagine, affermava che l’Idv ha sempre fatto mozioni per “non fare”, mai una per “costruire” e sostiene che, dopo 42 anni, non si possa pensare alla riforma dell’articolo 18 come a un tabù; cosa risponde?

È singolare che sia proprio il Pd a sostenere che non è un tabù diminuire le tutele ai lavoratori. Evidentemente, sono gli effetti collaterali dell’ingresso in una coalizione di centro-destra. Di mozioni per fare ne abbiamo presentate a valanga, né abbiamo difficoltà al nostro interno perché non siamo frammentati in una ventina di correnti che bloccano ogni iniziativa. Noi diciamo che si deve intervenire sul mercato del lavoro perché ci sono squilibri insopportabili che dovrebbero essere il punto di partenza di una riforma responsabile.

Quali sono, quindi, le vostre proposte?

L’Idv le ha fatte da tempo, proponendo di sfoltire radicalmente l’attuale selva di contratti, di puntare sull’apprendistato per i giovani, di aumentare il costo del rapporto di lavoro a tempo determinato, di risolvere il nodo della rappresentanza sindacale e delle tutele dei diritti dei lavoratori e di recuperare l’enorme sommerso legato al lavoro nero e all’evasione contributiva. Ma anche sul fronte delle imprese è necessario intervenire per alleggerire il peso fiscale, incentivare le assunzioni, favorire l’innovazione e affrontare le piaghe endemiche della corruzione, della criminalità organizzata, delle infrastrutture inadeguate e delle sabbie mobili della burocrazia. Bisogna liberare le risorse produttive del Paese, già duramente colpite dalla crisi, dalla morsa che le sta stritolando. Boccia è servito!

 

(Paolo Nessi)