Il rapporto sulla coesione sociale pubblicato dall’Istat scatta una fotografia della situazione lavorativa italiana attuale per nulla entusiasmante. Si evince, in particolare, come precariato e disoccupazione siano tra le piaghe che maggiormente stanno attanagliando il nostro mercato del lavoro. Nella prima metà dell’anno passato, infatti, solamente il 19 per cento delle nuove assunzioni è stata siglata con un contratto a tempo indeterminato, pari, cioè, a 1.013.938 persone che hanno ottenuto il tanto agognato posto fisso. Il 67,75 per ceno, invece, equivalente a 3.603.156 unità ha iniziato a lavorare presso un’azienda con un contratto a tempo determinato. Sempre meglio di quell’l’8,6%, pari a 458.951 unità, che lavora con contratti di collaborazione. 160.916 lavoratori, il 3%, ha un contratto di apprendistato, mentre 2 milioni e 182 mila persone, il 12,8% dei lavoratori dipendenti, ha un contratto a termine. Tale forma contrattuale è particolarmente adoperata tra i giovani di età compresa tra i 15 e i 34 anni; l’incidenza è maggiore tra le donne (14,5 per cento contro l’11,4 degli uomini). Si diceva della disoccupazione; tra i giovani, il fenomeno maggiormente preoccupante è quello dei cosiddetti Neet (not in education, employment or training); in pratica, persone in età lavorativa, sotto i 35 anni che non studiano e neppure lavorano.
Sono ben 2,1 milioni, con un’incidenza decisamente maggiore tra le donne: 1,7 milioni contro i 938mila maschi. Ha tra i 20 e i 24 anni il 38 per cento di essi, mentre il 46 per cento ha al massimo la licenza media. Le fila dei neet sono particolarmente ingrossate al sud, dove sono ben 1,2 milioni (564mila maschi contro 635mila femmine), mentre la nord sono circa la metà: 660mila, di cui 247mila maschi e 362mila femmine. Complessivamente, nel secondo trimestre 2011 il numero dei disoccupati è pari a 1 milione 947mila persone. Il tasso di disoccupazione è al 7,8 per cento, con un aumento di mezzo punto sul terzo trimestre 2010; la disoccupazione giovanile, invece, si attesta al 27,4%. Persistono forti diseguaglianze tra uomini e donne per quanto riguarda la distribuzione del carico odi lavoro. Le donne, in particolare, sono svantaggiate nel conciliare il proprio lavoro con le esigenze di cura della famiglia.
Il 71,3% del lavoro familiare di una coppia è a carico infatti, delle donne che, mediamente, considerando la somma tra attività svolte in famiglia e il quelle del proprio impiego, lavorano un’ora e 3 minuti in più degli uomini: 9 ore e 9 minuti di lavoro totale per le donne contro le 8 ore e 6 minuti per gli uomini. Per le coppie con figli la differenza cresce a un’ora e 15 minuti.