Alle dilazioni, prima o poi, avrebbero messo un freno, posto un limite entro il quale giungere al dunque. Si pensava. Macché; l’avvicendarsi dei rinvii sembra pratica, sinora, imperitura. E, sul fronte pensionistico, per talune questioni lasciate in sospeso, “approvazione definitiva del Milleprorghe” è mera asserzione nominale. Ovvero, le sorti di migliaia di lavoratori restano in balìa dell’incertezza. In particolare, quelle di buona quota dei cosiddetti esodati, per i quali la Fornero si è impegnata nella messa a punto di un provvedimento che recuperi la loro vicenda.



«A oggi, nel documento, persiste l’alone della provvisorietà. Manca una formulazione certa e definitiva. Per cui, diverse componenti sono lasciate all’interpretazione soggettiva», afferma, raggiunto da ilSussidiario.net, Walter Passerini, vicedirettore della scuola di giornalismo Walter Tobagi. Il ministro del Welfare, Elsa Fornero, aveva ottenuto dai partiti il ritiro della maggiore parte degli emendamenti proposti. Il problema è che l’indeterminatezza regna sovrana su quei pochi che sono stati accettati. Infatti, la versione uscita dalla Camera prevedeva che, in caso di esodo volontario, l’accordo che lo disciplinava sarebbe dovuto esser stato sottoscritto prima del 31 dicembre 2012. La correzione del Senato, invece, dice «entro» il 31 dicembre, comprendendo nel “salvataggio” anche chi ha rassegnato le dimissioni l’ultimo dell’anno (ovvero, la maggior parte degli esodati: nessuno, infatti, si dimette il 30). Ebbene, «anzitutto – spiega Passerini -: l’intesa deve essere sottoscritta con determinati crismi. Deve figurare, ad esempio, l’intervento delle organizzazioni sindacali e del ministero del Lavoro. Inoltre, laddove sia stata apposta la firma dell’Rsa aziendale, ma non dal sindacato esterno, l’accordo rischia di essere nullo».



In effetti, il decreto afferma che tale contrattazione deve risultare da elementi certi e oggettivi quali «le comunicazioni obbligatorie agli ispettorati del lavoro o ad altri soggetti equipollenti, indicati nel medesimo decreto ministeriale». Ma i problemi non finiscono qui. «Posto che l’intesa sia stata firmata ai sensi della disciplina vigente, c’è una seconda questione. Aver chiuso la contrattazione entro il 31 dicembre non implica l’effettiva risoluzione del rapporto». In altri termini, «per chi ha firmato un accordo entro il 31 dicembre  2012, ma avrebbe maturato il diritto ad accedere al trattamento solamente 1,2 o 3 anni dopo, siamo, normativamente, nella terra di nessuno. La partita è ancora aperta». Il Milleproroghe sarà quindi approvato rapidamente, ma la sostanza di tali problemi ulteriormente rinviata. «Vi è un’ulteriore aggravante: non c’è copertura per l’allargamento degli esodati. Un problema che, se si volesse realmente risolverlo, sarebbe necessario apportare modifiche strutturali alla riforma».



Tutte le criticità derivano da una colpa originale. «Le riforma è stata varata molto velocemente, troppo; ha colpito come un’accetta svariate categorie lavorative, lasciando irrisolti numerosi nodi». Su queste pagine, l’onorevole Cazzola affermava che «con tutte le deroghe che si sono individuate, sarebbe stato saggio fare una riforma più soft, con una transizione un po’ più lunga. Non ha senso fare norme severissime e tenere fuori la metà delle persone a cui si applicano». Anche Passerini la pensa così: «Sarebbe stato meglio concepire maggiore gradualità; contemplando la cosiddetta “forchetta”. Permettendo, cioè, di andare in pensione tra i 60  e i 70, con dei meccanismi di penalizzazioni e incentivi. Ma preservando la libera scelta soggettiva».

Come se non bastasse, la parola fine non è stata scritta neppure per i precoci. «Per il Pd, ad esempio, la questione è ancora aperta e la nebulosità del provvedimento consente, anche in tal caso, svariati margini di interpretazione». Al contrario, sui lavori usuranti sembra che tutti abbiano deciso di metterci una pietra sopra: «Chi svolge tali attività ha visto, sostanzialmente, sfumare la possibilità di andare in pensione a 56-57 anni, subendo un carico di tre anni aggiuntivi. Temo che vi sia la convenienza da parte della politica a chiudere la partita così».

 

(Paolo Nessi)