Dopo il recente intervento del governo col decreto “Salva-Italia”, volto a migliorare le condizioni di inclusione sociale delle donne attraverso le agevolazioni Irap per le imprese, il governo sembra orientato ad andare oltre. Lo stesso Premier Monti, nel suo discorso programmatico alle Camere, ha parlato di una “tassazione preferenziale per le donne”, che non è un’idea del tutto nuova, ma che – questa volta – pare destinata a far lievitare le “quote rosa”. Di occupazione femminile abbiamo parlato con la Consigliera Nazionale di Parità, Alessandra Servidori, tra le massime esperte in Italia del tema e che – proprio prima dell’ultima manovra finanziaria – è stata ricevuta da Monti al quale ha proposto soluzioni e adempimenti peraltro «già previsti nella legislazione vigente da attuare e sui quali si potrebbe procedere speditamente: in primis, il Collegato lavoro (legge n. 185 del 2010) all’articolo 46 prevede la delega per la riforma degli ammortizzatori sociali. Promuoviamo gli atti necessari: vi è una base bipartisan molto utile in questa fase politica e per l’occupazione femminile vengono indicati alcuni principi e criteri articolati che abbracciano l’intera materia, dai regimi di orario ai rapporti di lavoro flessibili, al rafforzamento dei servizi fino alle misure per una effettiva parità nei trattamenti di genere. In questo contesto valorizziamo e sviluppiamo l’Avviso comune sulla conciliazione lavoro/famiglia sottoscritto nel marzo 2011 dalle parti sociali: è una batteria di strumenti di politica attiva».



Anche la legge di stabilità contiene incentivi all’occupazione femminile, misure a sostegno della conciliazione tra i tempi di vita e di lavoro.

Mandiamola a regime al più presto. Le Regioni possono escludere dalla base imponibile dell’Irap nella voce riguardante il costo del lavoro, gli importi corrispondenti alla retribuzione legata alla produttività (di cui è prevista una detassazione e decontribuzione). Compatibilmente con le risorse disponibili, estendiamo un trattamento equipollente anche alle retribuzioni riferite alla nuova occupazione femminile, (limitatamente a talune Regioni svantaggiate e in via sperimentale) e incentiviamo le aziende ad applicare strumenti di conciliazione lavorativa e famigliare per maggiore flessibilità organizzativa e maggiore produttività.



E poi?

La Carta delle pari opportunità e uguaglianza sul lavoro che i Ministeri del Lavoro e delle Pari opportunità in collaborazione con la Rete delle consigliere, Sodalitas e importanti realtà associative come Aidda, Ucid, Impronta Etica e successivamente sottoscritta da numerose aziende, rappresenta un importante strumento di politiche attive che proprio in questi giorni ha visto l’adesione a livello internazionale di importantissimi gruppi. Ci auguriamo che in iniziative come questa si riprenda il cammino della condivisione e della partecipazione dell’implementazione della Carta.

Cosa ci dice a riguardo del Piano Italia 2020 per l’occupabilità femminile?



Esso ha dato il compito all’Ufficio nazionale della Consigliera di parità di attivare l’Osservatorio nazionale sulla contrattazione per monitorare le nuove prassi in materia di politiche attive e di conciliazione. L’Osservatorio in osservanza all’Avviso comune sottoscritto dalle parti sociali nel marzo scorso ha raccolto e catalogato una robusta, articolata e dettagliata documentazione con l’aiuto fondamentale delle parti sociali e delle direzioni provinciali del lavoro. Vogliamo proseguire su questa strada, continuare la collaborazione e la reciproca attenzione per divulgare e implementare strumenti condivisi per rafforzare la produttività e la flessibilità sui luoghi di lavoro e sostenere così l’occupabilità femminile.

 

Per favorire la conciliazione famiglia/lavoro, ci potranno essere interventi in materia di agevolazione fiscale?

 

Il Paese ha un ricco ventaglio di esperienze di welfare aziendale di tutele e prestazioni. La materia si incrocia con diversi regimi fiscali e contributivi. Nell’ambito del riordino del fisco e dell’assistenza, su cui poggia anche il pareggio di bilancio nel 2013, immagino forme di agevolazione che favoriscano lo sviluppo di servizi di sussidiarietà incentrati nel territorio e nei luoghi di lavoro, con una attenzione alle soluzioni dei problemi di conciliazione. Sono tutti temi su cui il Ministro Fornero ha incardinato la programmazione.

 

Si tratta di temi in linea con le riforme Treu e Biagi?

 

Per coerenza, opportunità e senso di responsabilità, non solo c’è un legame con il processo riformatore dei due Maestri, ma anche con il dicastero Sacconi che ha seguito questo tracciato irrobustendolo sul versante dell’innovazione comunitaria.

 

L’organizzazione flessibile del lavoro è di fatto prevista nel nostro ordinamento. Ritiene che gli strumenti offerti dal processo di riforma siano stati di fatto accolti e applicati dal sistema lavoro? Possono forse essere ulteriormente potenziati?

 

Sicuramente dobbiamo rafforzare tre urgenze: la contrattazione di prossimità, un modello comunitario di mercato del lavoro e una maggiore protezione dei lavoratori e lavoratrici su base assicurativa anche attraverso la bilateralità.

 

Le differenze salariali tra lavoro maschile e femminile sono ancora uno dei problemi più rilevanti per il raggiungimento effettivo delle pari opportunità di genere. Come, concretamente, potrà essere superato il problema?

È un problema che vive tutta la comunità europea, in maniera diversa (17,5% è la media europea e Italia 4,9% la più bassa!) ed è diventato una priorità anche per il Piano Europa 2020 per implementare la presenza delle donne nel mercato del lavoro e contrastare le discriminazioni e la violenza. Una soluzione che io condivido come concreta è studiare la relazione tra retribuzione integrativa e la presenza di donne nelle imprese italiane. L’obiettivo finale è quello di verificare se le lavoratrici sono penalizzate rispetto ai colleghi maschi nell’accesso ai premi salariali legati alla performance (Psp) e, quindi, illustrare il ruolo svolto dalla contrattazione di secondo livello nell’alimentare o meno la disuguaglianza di genere.

 

Come mai a livello europeo l’Italia, che è tra i paesi più sviluppati, è fanalino di coda per quel che riguarda l’occupazione femminile?

 

L’Europa ha sistemi di welfare diversi da noi e sopratutto prendendo in considerazione una dimensione economica – peraltro in evidente affanno – e non sociale (infatti io sto ancora aspettando la realizzazione degli Stati uniti europei) il rischio è che si continui a elogiare il sistema della Svezia (la nostra Lombardia!) contro di noi. Il nostro problema oggi è il nostro meridione che ci abbassa la media occupazionale, il lavoro irregolare, ingessato, le non prospettive di sviluppo. Dunque finiamola di piangerci addosso e avere complessi di inferiorità. Rimbocchiamoci le maniche.

 

(Giuseppe Sabella)