Siamo alle ultime battute; pochi giorni ancora e anche al Senato l’iter parlamentare del decreto Milleproroghe troverà conclusione. Per tutti, a quel punto, sul tema pensioni ci saranno privazioni e sacrifici. Alcuni, tuttavia, saranno penalizzati più degli altri. Costoro attendono con il fiato sospeso, assistendo al dispiegarsi degli eventi. Che, probabilmente, volgeranno in loro sfavore. È opinione comune, infatti, che Palazzo Madama darà l’ok alla versione uscita dalla Camera senza modificarne una virgola. Non tutto è perduto. Carmelo Morra, vicepresidente della Commissione Lavoro al Senato contattao da ilSussidiario.net, spiega perché. Enumerando, anzitutto, le categorie più a rischio. «Una prima emergenza – afferma – è rappresentata da una quota di esodati. Si tratta di coloro che si sono licenziati su base volontaria, in base ad un accordo con l’azienda per la quale lavoravano che prevedeva l’entrata in pensione entro due anni dal licenziamento. Chi non ha risolto a tutti gli effetti il rapporto di lavoro entro il 31 dicembre 2011 ma, entro questa data ha sottoscritto egualmente l’accordo, resta, infatti, fuori dalla riforma. E, di conseguenza, senza lavoro e senza pensione».



Altra questione determinante è quella relativa ai lavori usuranti. In molti, tra cui il presidente della Commissione Lavoro della Camera, Silvano Moffa, li reputano un nodo da risolvere. A oggi, la loro posizione è stata scarsamente tenuta in considerazione. Per costoro si mantiene in vita il precedente regime, quello delle quote. Quindi, potranno smettere di lavorare raggiunta quota 96 nel 2012 (61 anni di età e 35 di contributi, oppure 60 e 36) e quota 97 dal 2013. È ancora troppo poco. Anche perché il governo precedente, pur mantenendo il vecchio sistema, gli garantiva uno sconto di 3 anni sull’età pensionabile. «Effettivamente, occorrerebbe metter mano alla disciplina che regola tale categoria».



Ci sono, infine, i precoci. «Dubito che per loro – dice Morra – si potesse fare qualcosa di più. Nel complesso, in ogni caso,  valuto la riforma positiva, salvo alcune correzioni che si potranno fare in futuro». Resta da capire se ci sarà lo spazio per poterlo fare nel corso dell’esame del Milleproroghe. «Il problema è che alla Camera il provvedimento è stato approvato con la fiducia. Significa che, in parte, può definirsi blindato. In casi come questi, una terza lettura diventa estremamente difficoltosa. Qualche modifica era auspicabile, certo. Ma, sul piano pratico, la vedo particolarmente dura». Quindi? Nessuna speranza per chi patirà più disagi degli altri? 



«L’attività emendativa – rassicura – non si esaurisce con l’approvazione definitiva del decreto. Le pensioni non sono materia sulla quale si possa scrivere la parola fine. Per cui, il Parlamento avrà modo di tornarci, con eventuali ulteriori modifiche». Ci sarà un occhio di riguardo, in particolare, per i lavoratori usurati. «Saranno oggetto, in futuro, di una riflessione più ampia e approfondita. Andranno esaminati come capitolo a parte rispetto al decreto Milleproroghe».  

 

(Paolo Nessi