Una signora come Anna Maria Cancellieri – che pure di mestiere fa il ministro dell’Interno – non andrebbe sfiorata neppure con una rosa, figuriamoci con uno spillo, per quanto virtuale come questo. Ma ce lo impone la “par condicio” con il collega viceministro del Lavoro, Michel Martone: il “figlio di papà” che abbiamo punto qualche giorno fa per aver dato degli “sfigati” a coetanei forse un po’ meno brillanti di lui, ma certamente con padri altrettanto “sfigati” e meno ben collocati di papà Martone nelle stanze del potere politico-giudiziario.



Stamattina il ministro Cancellieri, in un’intervista televisiva, ha dato manforte alla collega Elsa Fornero contro “sfigati” e “bamboccioni” assortiti che vogliono “il posto fisso vicino alla mamma”. Noi non dubitiamo che il prefetto Cancellieri (sposata con un farmacista siciliano trapiantato al Nord) sia stata un esempio di self-made-woman girando l’Italia e scalando meritatamente la tecnocrazia civile.



Però è un fatto che suo figlio, Davide Peluso (fresco direttore generale di FonSai), dopo buoni studi in Bocconi e a Londra sia entrato direttamente in Mediobanca, che ha una tradizione di preferenza per i “figli di” (banchieri, super-manager, prefetti, ammiragli, ecc.) nella formazione dei suoi alti ranghi. Peluso passa poi a Roma, al Mediocredito centrale (prima controllato dal Tesoro e poi dalla Capitalia di Cesare Geronzi), ritornando quindi a Milano ai piani alti di UniCredit. Tutti palazzi sempre molto contigui alle prefetture o al Viminale, frequentati dalla madre.

Lo ha scritto Dario Di Vico su Il Corriere della Sera all’indomani dell’ironica accusa di “monotonia” lanciata dal premier Mario Monti al “posto fisso” (come peraltro è sempre stato il suo di professore ordinario all’università): i “papà dei figli” del “governo Napolitano” (lui pure padre del professor Giulio, ordinario a 34 anni a Roma e oggi Commissario della nuova Autorità per l’accesso alla rete tlc) si occupino pure di imporre a papà e figli altrui – cioè a tutti noi “sfigati” – le riforme del mercato del lavoro “chieste dai mercati e dall’Europa”. Ma ci risparmino le gag.