Furono due le ragioni che, prevalentemente, legittimarono l’insediamento del governo Monti. Era, anzitutto, necessario re-immettere fiducia nei mercati e nelle istituzioni europee, affinché il famigerato spread scendesse. Fatto questo, occorreva rilanciare l’occupazione. Il tempo langue e, mentre al primo problema è stata messa una pezza, sull’occupazione siamo in alto mare. I dati dell’Istat non sono per nulla rassicuranti, e rivelano l’ennesimo record negativo. «E, stante l’attuale situazione economica, salvo che non intervengano fattori in grado di modificarne sostanzialmente i connotati, il trend è destinato a peggiorare», afferma, raggiunto da ilSussidiario.net Mario Mezzanzanica, professore associato di Sistemi informativi nella facoltà di Scienze statistiche dell’Università di Milano Bicocca. Tornando ai dati: a gennaio il tasso di disoccupazione è salito di 0,2 punti percentuali rispetto a dicembre, attestandosi al 9,2%. Si tratta del livello più alto dall’inizio delle serie storiche mensili del 2004.



Il numero di disoccupati, invece, si è incrementato di 64mila unità (+2,8% rispetto al mese precedente) arrivando, così, a  2,312 milioni di persone senza lavoro; un record dal 2000, nonché il dato più alto dall’inizio delle serie storiche trimestrali dal primo trimestre 2001. Si incrementa, inoltre, una piaga tipicamente italiana e di pochi altri Paesi europei: la disoccupazione giovanile, infatti, tocca il 31,1%, in aumento di 0,1 punti a dicembre 2011 e di 2,6 punti su base annua. Un quadro infelice, destinato, quindi, a peggiorare: «La situazione del Paese e le stime fatte sul 2012 – afferma Mezzanzanica – rivelano che seguiranno ulteriori cali. Lo si deve al fatto che, se la ripresa iniziata nel 2010 aveva iniziato a stabilizzarsi nel 2011, ora siamo in un momento di stallo, dove le oscillazioni della disoccupazione manifesteranno piccole variazioni negative».



Va da sé che la colpa è della crisi, che «ha determinato un contraccolpo significativo sul mercato, che sta cercando di riassumere un riassetto strutturale. A questo si aggiungano la crisi dei debiti sovrani, i mancati pagamenti da parte della amministrazioni pubbliche alle imprese e il fatto che le banche, pur ottenendo finanziamenti dalla Bce, non erogano loro credito. L’insieme di questi elementi non favorisce di certo l’indicatore della fiducia delle imprese (il che si ripercuote sull’occupazione) che, secondo tutte le rilevazioni dell’Istat, continua a manifestare andamenti negativi».



Resta da capire se e quando lo scenario volgerà finalmente al meglio. «Tutti – dice Mezzanzanica  – affermano che la ripresa non ci sarà prima del 2013. Bisogna vedere, tuttavia, se e quanto sarà in grado di rilanciare la crescita occupazionale». Le stime, in ogni caso, non inglobano le previsioni sulla riforma del mercato del lavoro. «Effettivamente, resta un nodo determinante. Ma, a oggi, le informazioni relative a come sarà strutturata, sono ancora troppo scarse per potere dire se produrrà effetti, a livello occupazionale, nel breve periodo». 

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