A quanto pare c’è una novità per i lavoratori esodati. In sostanza, ove le aziende in fase di ristrutturazione avessero necessità di esodare, ovvero mandare in pensione anticipatamente, alcuni dei propri lavoratori, sarebbe data loro la possibilità di stipulare accordi con i sindacati per istituire dei fondi analoghi a quelli del settore bancario. Le imprese, secondo quanto anticipa Il Corriere della Sera, rivelando una tra le proposte contenute nel documento di 14 pagine prodotto dal ministero del Welfare, dovrebbero “versare mensilmente all’Inps la provvista per la prestazione e per la contribuzione figurativa”. La verifica della sussistenza dei requisiti per il prepensionamento sarebbe valutata dall’Inps. I lavoratori ai quali mancassero 4 anni alla meta potrebbero accedere al fondo di solidarietà accantonato. «Sì. Se sarà accantonato», puntualizza, interpellato da ilSussidiario.net il vicepresidente della commissione Lavoro alla Camera, Giuliano Cazzola. Le perplessità poggiano su una serie di ragioni. «La proposta del governo – spiega – rappresenta un tentativo di estendere una modalità abitudinaria delle banche anche agli altri settori.  Ma, già adesso, i lavoratori che sono inclusi in un fondo di solidarietà degli istituti di credito figurano tra i derogati dall’aumento dell’età pensionabile, salvo il ritocco contenuto nel decreto Milleproroghe che l’ha aumentata, per loro, da 59 a 60 anni».



Detto questo, c’è un problema di non poco conto: «Il governo si è reso conto che, complessivamente, non sarà in grado di metterci più risorse di quelle promesse; che, peraltro, finiranno per dover coprire tutta un’altra serie di buchi». Di fronte a un tale situazione, la proposta appare nella dovuta prospettiva: «È un tentativo del governo di mettere i lavoratori anziani in esubero a carico del sistema delle imprese, cercando di maggiorare i loro oneri rispetto a quelli a carico dello Stato. Immagino, tuttavia, che la risposta delle imprese sarà negativa. Tutto questo è il frutto, in sostanza, di una criticità che non era stata risolta: il governo non è in grado di coprire i futuri esodati e si è inventato questa pratica».



Resta da capire se, per gli attuali 150-200mila, esistono ipotesi di fuga dalla condizione di cittadini senza salario e senza stipendio. «Anche laddove potessero accedere all’indennità di disoccupazione di nuovo conio, l’Aspi,  essa dopo un po’ finirebbe. Ovvero: se al termine del periodo in cui dovessero percepirla ottenessero i requisiti per accedere alla pensione, bene. Altrimenti, si tornerebbe al punto di partenza. Non resterebbe loro che trovasi un altro lavoro». Quindi, la partita è chiusa? «Prima di dare dei giudizi – afferma Cazzola – definitivi, occorre aspettare». Nel corso dell’attesa, intanto, monta il disagio; in molti affermano che già una volta al governo è andata bene: è riuscito a varare una riforma delle pensioni lacrime e sangue senza colpo ferire. Non è detto che riuscirà nell’impresa una seconda volta. Se anche il riordino degli ammortizzatori sociali si rilevasse particolarmente penalizzate, la coesione sociale potrebbe risentirne. 



Il conflitto sociale potrebbe, infine, deflagrare, se l’esecutivo calcasse la mano anche sull’articolo 18.  «Non credo – replica Cazzola -. Un conto è la riforma delle pensioni, che colpisce e riguarda tutti. Altra questione, la riforma dei licenziamenti. Una persona, normalmente, non si immagina mica di essere licenziata. È un’ipotesi psicologicamente ed emotivamente distante». Sì, ma se un giovane, di certo, non perde il sonno pensando all’articolo 18, non è escluso che le mobilitazioni dei sindacati potrebbero alimentare la tensione. «Certo i sindacati indiranno degli scioperi. Ma bisognerà vedere se questi riusciranno. L’ultimo della Fiom, ad esempio, è stato un buco nell’acqua. C’è da dire, inoltre, che i sindacati spesso riempiono le piazze perché diventano gli ospiti di tutte le altre forme di protesta. Per loro, tuttavia, è sempre più difficile scioperare perché la stessa gente si rende conto del fatto che alcune manovre non sono procrastinabili». 

 

(Paolo Nessi