Benché le energie si stiano concentrando sulla riforma del mercato lavoro, si scorgono ancora distintamente scampoli di polemiche relative a quella delle pensioni. Del resto, tra un provvedimento e l’altro, è passato talmente poco tempo che la ferita è ancora aperta. Dall’approvazione definitiva della nuova disciplina, con la conversione in legge del Decreto Milleproroghe, molte partite sono da considerarsi tutt’altro che chiuse. «Il problema di fondo consiste nel fatto che la riforma non penalizza solo alcuni lavoratori, ma tutti, indiscriminatamente», afferma, raggiunto da ilSussidiario.net il segretario generale dell’Ugl, Giovanni Centrella. «Certo, alcuni sono maggiormente colpiti. Come gli esodati», aggiunge. Si stima che la loro cifra si aggiri tra i 150 e i 200mila. «Sono molti di più – replica -. Non avendo più un lavoro, né la possibilità di andare in pensione, il disagio sociale derivante dalla nuova legge, per loro è estremamente gravoso. Credo, quindi, che il governo non possa esimersi dal trovare una soluzione, e al più presto». C’è un solo modo per dirimere la controversia: «Si deve mantenere per costoro, attraverso una deroga, il regime precedente alla riforma». Secondo il leader dell’Ugl, in ogni caso, ci sono molte altre categorie che vengono penalizzate più delle altre, in maniera inaccettabile. «Basti pensare ai poliziotti, al personale delle carceri, a chi lavora nella sanità, o ai lavoratori del settore metalmeccanico. Ce li vede alla catena di montaggio a 70 anni?».



Tali criticità sono il frutto di un una materia che non  è mai stata adeguatamente, né dettagliatamente, definita. «Tutti i lavori usuranti non sono stati tenuti in debito conto. Il governo, ora, ha il dovere di metter mano alla questione». Il segretario ci tiene, inoltre, a sottolineare la contrarietà del sindacato a uno dei pilastri che connotano l’impianto generale della riforma: «Credo che l’età pensionabile non andasse aumentata. Il fatto che sia stata una richiesta proveniente dall’Europa non giustifica la decisione. Tanto più che sono convinto che su alcune questioni l’Europa non dovrebbe avere alcun diritto di metterci becco». Posto che, in ogni caso, non ci si sarebbe potuti opporre all’innalzamento, si sarebbe potuto individuare dei meccanismi in grado di rendere la nuova disciplina maggiormente sostenibile: «Io ho sempre suggerito un sistema di incentivi e disincentivi tali da rendere l’uscita dal lavoro più morbida. Era sufficiente fissare un’età pensionabile; accedere al trattamento previdenziale prima di tale soglia avrebbe comportato delle penalizzazioni, accedervi più tardi degli incentivi». 



Centrella, come tantissimi altri, è convinto che il vero motivo per cui si è deciso di varare la riforma sia ben lontano dalle effettive esigenze del Paese e dalle storture del sistema previdenziale: «E’ stato, semplicemente, un modo per fare cassa, per reperire risorse colpendo sempre le stesse categorie: i pensionati e chi deve andare in pensione». Tali risorse, che dovrebbero servire a sistemare i conti del bilancio pubblico, si potevano tranquillante reperire altrove. «Era sufficiente – afferma Centrella – ad esempio, introdurre una patrimoniale».