La riforma delle pensioni così come l’ha pensata il ministro del welfare Fornero e come l’ha portata avanti il governo Monti continua a essere lo scoglio contro cui la Lega Nord si infrange. È infatti il punto principale dell’opposizione che il partito di Umberto Bossi fa contro un esecutivo mai accettato dal punto di vista politico. Sabato scorso, parlando prima dell’apertura del Parlamento Padano a Vicenza, il senatùr lo ha ribadito ancora: “Non ci piace questa riforma, noi siamo convinti che dopo 40 anni di contributi uno debba avere diritto alla pensione”. Per Bossi, “non è possibile che si versino i contributi e poi non si abbia la pensione, è una cosa vergognosa”. Ha anche ricordato la petizione lanciata lo scorso primo marzo per presentare ricorso in Cassazione proprio contro la riforma pensionistica del governo. Secondo l’onorevole Massimiliano Fedriga, membro della Commissione Lavoro della Camera, contattato da IlSussidiario.net, la riforma voluta dal ministro Fornero non è stata imposta dall’Unione europea come ha detto qualcuno: «È solo un sistema per fare cassa con i soldi dei pensionati. Può essere condivisibile o meno, ma che il governo dica la verità». Fedriga aggiunge che l’Italia godeva di un ottimo sistema pensionistico che il precedente governo, quello Belrusconi, aveva approntato proprio su indicazione dell’Unione europea e che la stessa Ue aveva definito uno dei pochi sistemi previdenziali europei sani.



Onorevole, sabato Umberto Bossi ha rilanciato la sfida contro la riforma pensionistica del governo Monti. Quali sono i punti che vi trovano maggiormente in disaccordo?

Il primo punto è  l’abolizione delle pensioni di anzianità. Questo comporta il ridimensionamento delle quote e in alcuni casi anche l’aumento  di sei anni prima di avere i benefici previdenziali. Secondo, è stato portato tutto a 42  anni e un mese per gli uomini e 41 anni e un mese per le donne. Il ministro Fornero dice che è la stessa cosa di prima, che non cambierà nulla perché prima c’erano le finestre. Per quanto riguarda le pensioni di anzianità, non le quote ovviamente.



Invece cosa cambia?

Quello che dice il ministro non è vero. Il risultato è molto diverso, in particolar modo in un momento di crisi come questo. Mentre prima uno dopo 40 anni di contributi aveva diritto alla pensione, anche se doveva attendere i 12 mesi della finestra mobile, adesso se una persona viene licenziata a 40 anni e un mese il beneficio non è ancora maturato.

Quindi?

Dopo 11 mesi non prenderà la pensione che gli spetta, perché gli mancheranno ancora dei mesi di retribuzione per potere accedere al beneficio. Quindi in un periodo di crisi  come quello che stiamo vivendo una cosa del genere è sconsiderata.



Oltre a questo ci sarebbero altri lavoratori a essere colpiti dalla riforma?

Certo: con questo provvedimento vengono colpiti tutti i lavoratori esodati o licenziati, per i quali la Fornero non ha ancora trovato una soluzione. Penso a tutte quelle piccole realtà come quelle artigianali o la microimpresa dove non ci sono accordi nazionali, ma c’è un accordo privato tra lavoratore e datore di lavoro, maturato in precedenza dell’entrata in vigore del decreto sulle pensioni. In tal caso andrebbe persa qualunque prospettiva di vita e di pensione che il lavoratore stesso aveva formulato. In pratica, rimarrà senza reddito da lavoro, senza reddito da pensione e senza ammortizzatore sociale.

E per le altre pensioni?

Per la vecchiaia è lo stesso discorso: un aumento repentino per le donne, innanzitutto. Voglio ricordare che quando era stata fatta la differenziazione tra accesso ai benefici previdenziali tra uomo e donna non era stata fatta perché c’era un voler avvantaggiare la donna in modo soggettivo. Era stata fatto perché in mancanza di servizi erogati da parte dello Stato per tutta l’attività che le donne svolgono all’interno della società come la cura dei figli o degli anziani e altro ancora, veniva garantito un beneficio in termini di anni per andare in pensione. Il ministro Fornero invece ha voluto aumentare in modo molto drastico l’età pensionabile per le donne senza ricambiare l’impegno stesso delle donne.

Qualcuno ha detto che tale riforma è stata imposta dall’Europa: è così?

No, non è vero.  Le riforme richieste dall’Europa erano già state messe in atto dal precedente governo. Tanto è vero che la Commissione europea nel rapporto della sostenibilità dei sistemi previdenziali metteva l’Italia come uno dei pochi Paesi dell’intera comunità con un sistema previdenziale saldo e sano nel tempo. Era stata fatta una previsione fino al 2060 che prevedeva solo due o tre Paesi con un sistema saldo tra cui il nostro Paese e metteva per l’Italia la diminuzione dei costi previdenziali mentre per molti Paesi europei questi costi erano visti in aumento.

Cosa succederà invece?

Con la riforma Fornero invece andiamo a perforare questi dati e come previsioni siamo superiori come costi a qualunque altro Paese europeo compresi Spagna, Inghilterra, Francia e Germania.

E’ una battaglia, questa, che state portando avanti da soli: non si è proprio riusciti a trovare un accordo con altre forze politiche in Parlamento?

Siamo stati isolati ufficialmente, ma la nostra battaglia è stata condivisa da molti deputati che si trovano costretti per obbedienza e fedeltà ai loro partiti a votare fiducia al governo Monti. Noi la portiamo avanti lo stesso cercando di far capire ai cittadini quale è la situazione e che questa richiesta dell’Europa di fare una riforma non ci interessa come scusa politica. Uno poi la può condividere o meno, ma chiediamo che il governo Monti si prenda la sua responsabilità senza passare le colpe all’Europa.

In conclusione?

In conclusione, capiamo che certi deputati preferiscono obbedienza al Governo rispetto agli interessi dei cittadini, ma la sostanza è che sono stati utilizzati i soldi dei pensionati per fare cassa. Che sia condivisibile o no però bisogna dire la verità.