Il Premier Mario Monti è da poco rientrato a Palazzo Chigi, dove alle 16 riprenderà la trattativa tra governo e parti sociali sulla riforma del mercato del lavoro. L’incontro era inizialmente fissato alle 15:30, ma i continui colloqui tra esecutivo, sindacati e imprese, cominciati già in mattinata (dopo che ieri sera c’era già stato un vertice tra organizzazioni dei lavoratori ed esecutivo), hanno portato a uno slittamento dell’inizio. Se in un primo momento sembrava che le trattative potessero portare a un accordo – impressione rafforzata anche dal serrato confronto tra le parti – nelle ultime ore stanno emergendo segnali in direzione opposta.
La Cgil ha infatti riunito la Segreteria nazionale, cui ha preso parte anche il Segretario generale, Susanna Camusso, reduce dalla serie di incontri con l’esecutivo. Il sindacato sembra, a quanto emerge dalla indiscrezioni, temere che l’obiettivo del governo non sia quello di trovare un accordo positivo sull’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, ma di rendere i licenziamenti più facili. Fonti governative hanno in effetti spiegato che sulla controversa norma non sono state presentate proposte di mediazione. Giovanni Centrella, segretario generale dell’Ugl, ha dichiarato che non devono essere solo i sindacati a fare passi in avanti, ma anche gli altri soggetti coinvolti nella trattativa. Anche Confindustria si è espressa criticamente sullo stato delle trattative. Il direttore generale Giampaolo Galli, lasciando Palazzo Chigi in mattinata aveva detto che non erano ancora arrivate risposte positive dal tavolo. E anche i rappresentanti delle piccole imprese non appaiono soddisfatti. Il Presidente dei Rete Imprese Italia, Marco Venturi, si è infatti espresso contro l’aumento dei contributi per i contratti a tempo determinato.
Sul fronte degli ammortizzatori sociali, pare che la nuova indennità di disoccupazione (Aspi, Assicurazione sociale per l’impiego) potrebbe aumentare per i salari più bassi rispetto al disegno iniziale, arrivando al 75% per le retribuzioni fino a 1.150 euro e al 25% per la quota superiore a questa cifra (secondo la prima ipotesi era al 70% del salario fino a 1.250 euro e al 30% sopra questa cifra).
Ogni parte sembra quindi aver qualcosa da richiedere alle altre. Non sarà un compito facile quello di arrivare a un accordo, nonostante l’appello del Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, arrivato ieri pomeriggio. Del resto il Governo ha detto già di essere pronto a portare in porto la riforma anche senza il consenso delle parti sociali.