Diverse le novità riguardo ammortizzatori sociali e Assicurazione sociale per l’impiego (Aspi) arrivate ieri dopo l’incontro tra governo e parti sociali. L’Aspi entrerà ufficialmente a regime nel 2017 e sarà utile, come ha fatto sapere anche il ministro Fornero, a proteggere il lavoratore nella ricerca di un’altra occupazione. Rimpiazzerà quindi il vecchio assegno di disoccupazione e durerà un anno per i lavoratori fino a 54 anni e un anno e mezzo per quelli più anziani, per cui l’importo massimo erogato potrà essere di 1.119 euro al mese. Il vecchio sussidio, quindi, come ha detto il ministro del Lavoro, “sarà razionalizzato, esteso e universalizzato con l’Aspi. L’obiettivo è rendere universalistico uno strumento a difesa dei lavoratori in periodo di disoccupazione”. Riguardo gli ammortizzatori sociali, la cassa integrazione ordinaria resterà in vigore, mentre quella straordinaria sarà confermata, escludendo però la causale di chiusura dell’attività, che resta possibile solo quando è previsto il rientro in azienda. Le risorse addizionali per l’estensione degli ammortizzatori sociali, con la graduale riduzione della mobilità fino a convergere nel 2017 nella nuova Aspi, sarà di 1,6-1,7 miliardi di euro. IlSussidiario.net ha chiesto un parere a Emmanuele Massagli, vicepresidente di Adapt, secondo cui non c’è poi una grande differenza «rispetto al documento che i tecnici del ministero hanno fatto circolare anche settimana scorsa. Di fatto è stata accolta la richiesta di imprese e sindacati di rinviare l’entrata in vigore del nuovo sistema al 2017. Si è trattato a mio avviso di una decisione ragionevole, perché prorogare una riforma del genere fino a un periodo che probabilmente non sarà di crisi può rivelarsi certamente molto proficuo. Credo quindi che le linee guida restino più o meno uguali e, come ha detto anche il ministro Fornero, riguardano una sorta di “universalismo” della riforma degli ammortizzatori sociali. Si cerca comunque di mantenere la natura stessa dell’ammortizzatore sociale, ma se vogliamo andare a trovare un difetto, possiamo dire che la direzione che si sta prendendo a riguardo comporterà certamente un aggravio di spesa per chi prima non pagava questi strumenti, ma soprattutto si tratta di una riforma di cui risentiranno in particolar modo gli imprenditori. Proprio per questo motivo nella giornata di ieri è avvenuto l’incontro tra governo e Rete Imprese Italia, anche per prevedere quanto le imprese dovranno versare in questi fondi di solidarietà». Il governo ha infatti fatto sapere di essere pronto a mettere in campo dei fondi di solidarietà pagati dalle imprese per sostenere i lavoratori anziani che perdano il lavoro. A essere coperti non sarebbero solo lavoratori esodati o prepensionati, ma anche quelli licenziati.
«Il fondo di solidarietà per i lavoratori più anziani è un intervento inevitabile – ci spiega Massagli -. Da una parte il governo dichiara che sarà più facile terminare un rapporto di lavoro, e dall’altra prende atto che la riforma delle pensioni ha di fatto schiacciato molti lavoratori, quindi doveva per forza dare un segnale di sostegno nei confronti degli over 50. Essenzialmente la logica di questa decisione è guidata dal fatto che non si poteva far pesare questa nuova norma ancora su di loro, che hanno già pagato la riforma delle pensioni. Questo comporterà certamente nuove spese per le imprese, che devono comunque affrontare i tanti problemi che ormai conosciamo».
Parliamo successivamente di cassa integrazione, ordinaria e straordinaria: la prima, ci dice Emanuele Massagli, «resta in vigore», mentre la seconda «è mantenuta ma non per le imprese in fallimento o per cessazione attività. Senza dubbio si tratta di un intervento giusto, perché è inutile dare una cassa integrazione con la logica di congelare il posto di lavoro e di mantenere il reddito, in vista di una ripresa dell’attività che già si sa non avverrà mai. E’ quindi più logico far intervenire una forma di ammortizzatore sociale diversa, ma che non sia finalizzata al mantenimento del posto di lavoro».
(Claudio Perlini)