Il Consiglio dei ministri che si era radunato da alcune ore ha approvato la contestata riforma del lavoro. Con una formula apparentemente strana: “approvato salvo intese”. Un evidente modo per dire che la riforma stessa è aperta a modifiche, dopo le proteste dei sindacati e di alcune parti politiche. Pierluigi Bersani ancora oggi ad esempio ha chiesto di cambiare la parte relativa all’articolo 18 (“Si intervenga in Parlamento oppure le Camere sono inutili” ha detto). Secondo indiscrezioni l’espressione “salvo intese” sarebbe stata richiesta espressamente dal Capo dello Stato: una formula che col suo chiaro intento vorrebbe calmare le tante discussioni e proteste degli ultimi giorni. Una postilla insomma come ancora di salvezza per evitare lo scontro sociale promesso dalla Cgil: è aperta la possibilità di modifiche in sede parlamentare. Tutto da vedere come e se il dibattito parlamentare porterà i cambiamenti auspicati dalle forze sociali. Napolitano è intervenuto a più riprese in queste ultime ore per cercare di far da paciere, indicando la necessità praticamente obbligatoria di una riforma del lavoro così come è stata concepita e spiegare ai sindacati che le modifiche all’articolo 18 non significano i temuti licenziamenti indiscriminati di massa. “Non credo che noi stiamo per aprire le porte a una valanga di licenziamenti facili sulla base dell’articolo 18 anche perché bisogna sapere a che cosa si riferisce l’articolo 18” ha detto Giorgio Napolitano. Intanto l’esecutivo in un modo o nell’altro va avanti. In una nota del governo si legge che questa riforma è stata lungamente attesa dal Paese, auspicata dall’Europa e discussa con le parti sociali “con l’intento di realizzare un mercato del lavoro dinamico, flessibile e inclusivo, capace cioè di contribuire alla crescita e alla creazione di occupazione di qualità, di stimolare lo sviluppo e la competitività delle imprese, oltre che di tutelare l’occupazione e l’occupabilità dei cittadini”. Una volta a regime, si aggiunge, questa riforma porterà evidenti cambiamenti nel mondo del lavoro.
Il nodo articolo 18 viene così spiegato: “Si prevede che il diritto alla reintegrazione nel posto del lavoro debba essere disposto dal giudice nel caso di licenziamenti discriminatori o in alcuni casi di infondatezza del licenziamento disciplinare. Negli altri casi, tra cui il licenziamento per motivi economiciil datore di lavoro può essere condannato solo al pagamento di un’indennità. Particolare attenzione è riservata all’intento di evitare abusi”.