La riforma del lavoro provocherà la crisi del governo Monti? E’ quello che probabilmente teme lo stesso Monti che stando a indiscrezioni starebbe pensando di porre il voto di fiducia sul governo stesso oltre che sulla riforma del lavoro. Da quando è partito per il suo viaggio nell’Estremo Oriente, si è infatti aperta una spaccatura tra l’esecutivo e la maggioranza che lo sostiene. Da una parte parole dure dello stesso premier come non mai, che è arrivato a far capire che se la sua riforma del lavoro modifiche all’articolo 18 comprese non verranno approvate sarebbe pronto a dimettersi. Dall’altra l’insofferenza di certa parte del Partito democratico guidata dal segretario Bersani che dopo aver criticato le modifiche all’articolo 18 adesso parla di testo anti costituzionale. Bersani infatti, precisando di non essere un costituzionalista, ha detto ieri sera che “nella riforma del lavoro ci sarebbe un problema di costituzionalità”. Necessaria, ha aggiunto ripetendo quanto già detto in altre occasioni, una modifica in Parlamento. “O politici e tecnici convincono insieme il Paese o il Paese è pronto a prendere a cazzotti politici e tecnici” ha aggiunto ancora. Per Bersani sarebbe meglio avvicinarsi come norme del lavoro a Paesi come la Germania e la Danimarca anziché gli Stati Uniti: è una posizione ragionevole che vuole discutere in Parlamento ha detto ancora. Sul tappeto c’è poi anche la riforma della legge elettorale, argomento su cui Pdl, Pd e Terzo polo sembra abbiano invece raggiunto un accordo. C’è poi un altro motivo di polemica che serpeggia nella maggioranza un’altra dichiarazione fatta da Monti in cui ha detto che il governo ha il consenso degli italiani, mentre i partir questo consenso non ce l’hanno. Una dichiarazione forte che ha innervosito ovviamente i responsabili delle forze politiche. C’è chi fa notare che mai un capo del governo aveva attaccato la maggioranza che lo sostiene e chi scarica tutto sul Pd, definito l’obbiettivo dell’ira di Mario Monti per le sue posizioni contro la riforma del lavoro. Per molti appare evidente che si è giunti a un logoramento dei rapporti tra il professore e le forze politiche. Monti sarebbe stanco di essere considerato quello che doveva salvare il Paese per poi essere scaricato quando qualcosa non va bene, così come di essere definito al soldo delle banche e dei poteri economici.
Sull’articolo 18, ha fatto sapere, è disposto a discutere e trovare modifiche, ma se non si arrivasse a un consenso parlamentare è pronto a far scattare il voto di fiducia e allora, ha detto, chi voterà contro la riforma se ne prenderà la responsabilità.