Si ha come l’impressione che, anche tra la maggiore parte di chi, pubblicamente, si prodiga nel decantarne le lodi, si è insinuato, da tempo, un terribile sospetto: la riforma delle pensioni ha rappresentato un inutile aggravio per milioni di lavoratori, giustificata esclusivamente dall’incapacità di chi l’ha ideata e sostenuta di affrontare le questioni preminenti. Per l’onorevole Giovanni Paladini, esponente dell’Italia dei Valori in commissione Lavoro contattato da ilSussidiario.net, si tratta di molto più di un semplice dubbio. «Il sistema pensionistico italiano era nella norma, adeguato al quadro europeo. Si è deciso di sottrarvi risorse per mere ragioni di cassa. Si tratta, infatti, di un “carrozzone” ove attingere è sempre risultato molto più facile che altrove. Ma non si potrà continuare a prelevare lì. Altrimenti, andremo in pensione a 90 anni». Si poteva fare cassa – come è già stato affermato su queste pagine – in altro modo: tagliando i parlamentari, accorpando le municipalizzate, riducendo le spese improduttive della politica, falcidiando quelle frutto di corruzione, riorganizzando le provincie e implementando la lotta all’evasione. Ma neppure il governo tecnico ha avuto la forza per procedere. «Perché, in realtà – afferma -, questo governo di tecnico ha ben poco. È composto da persone che fanno politica esattamene come noi. Dei veri tecnici, del resto, non avrebbero mai varato un provvedimento che penalizza sempre i soliti noti». Aver fatto tutto ciò, allo scopo di far cassa, rappresenta un’ulteriore beffa.



Secondo Paladini, infatti, le priorità del Paese restano ben altre. «Affinché la ripresa economica si inneschi, è necessario far leva sul sistema bancario, il vero motore e il principale problema del Paese. Non è possibile, ad esempio, stabilire di aumentare l’Iva e, al contempo, consentire agli istituti di credito di continuare a prestar denaro a tassi esorbitanti. Tanto più se si considera il fatto che gli stessi soldi prestati  con interessi che nessuno si può permettere, sono stati concessi dalla Bce alle banche all’1% soltanto». I nostri istituti, in particolare, si sono avvantaggiati solo a dicembre di 116 miliardi di euro prestati dall’istituzione presieduta da Mario Draghi. «Si sarebbe dovuto impiegare tali risorse per la crescita, la formazione e gli investimenti. Le banche, invece, le hanno utilizzate per risolvere i propri problemi». Tornando alla riforma, la logica che l’ha ispirata ha prodotto una serie di evidenti iniquità, prima tra tutte quella relativa agli esodati. «Il Milleproroghe ha risolto – ma solo in parte -, il problema di quei lavoratori in mobilità e di coloro che, pur avendo sottoscritto degli accordi con la propria aziende per uscire anticipatamente dal lavoro, si ritrovano senza salario e senza pensione. Perché l’intesa stipulata non ha rispettato i crismi dell’attuale normativa. Tale normativa, tuttavia, rappresenta un cambiamento delle regole in corso d’opera».



Il che, secondo Paladini, non è accettabile. «In uno stato di diritto, quale dovrebbe essere, infatti, il nostro Paese, queste cose non possono accadere. Così come per quanto concerne il problema dei crediti che le imprese vantano nei confronti della pubblica amministrazione». Per gli esodati il ministro Fornero aveva parlato di un provvedimento ad hoc. Resta da capire se sussistano margini di manovra per ulteriori correzioni. «Me lo auguro. Sarebbe assurdo lasciare il sistema invariato se la situazione economica dovesse migliorare al punto da consentirlo». 

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