Il governo tecnico che si dà alla politica. Anzi, alla magia. Andate sul sito del ministero del Lavoro. Noi lo abbiamo fatto. Cercavamo i dati che, in via definitiva, ci dicessero, finalmente, quanti sono gli esodati. Ci abbiamo messo un po’ a capire che il comunicato stampa relativo ce lo avevamo davanti agli occhi. Solo che con un artifizio linguistico di mirabile ingegno, il ministero ne ha tramutato fattezze e sostanza. D’ora in avanti, saranno chiamati con il nome di “Salvaguardati”. Come bastasse a toglierli dalla condizione di lavoratori cui è stata tolta la serenità perché, d’un tratto, si sono ritrovati senza salario e pensione. «Una situazione angosciante, in cui li ha gettati una decisione inaccettabile del governo», commenta, raggiunta da ilSussidiario.net, Carla Cantone, segretario generale dello Spi Cgil.
Avevano, infatti, sottoscritto accordi con le proprie aziende che prevedevano un congruo indennizzo per licenziarsi su base volontaria. Quei soldi sarebbero dovuti bastare per vivere in maniera dignitosa sino al conseguimento dei requisiti per accedere al trattamento pensionistico. Poi, tali requisiti, una volta firmato l’accordo, sono stati stravolti. E l’età pensionabile inasprita. Otterranno l’assegno svariati anni più tardi rispetto al previsto, anche 5 o 6. Frattanto, avranno esaurito l’indennizzo. E il ministero li chiama “salvaguardati”. Che andrebbe anche bene. Se le stime su quanti sono fossero esatte. Buon per loro, per quei 65mila che andranno in pensione con le vecchie regole; se, tuttavia, la cifra si allontanasse, e di parecchio della realtà, chiamarli in quel modo rappresenterà per tutti quelli che restano fuori dalla copertura un tragico sberleffo. Costoro, secondo le stime più prudenziali sarebbero tra i 150 e i 200mila. Per alcuni, 357mila. «Sarei molto felice – continua la Cantone – se i dati fossero giusti. Meno sono gli esodati, meglio è. Peccato che non siano giusti». L’esecutivo ha compiuto l’errore che tutti temevano. «Ha preso in considerazione solamente gli esodati delle grandi aziende. Ma ci sono anche molti ex lavoratori di piccole, medie – ma anche grandi – imprese di cui non si è tenuto conto».
Non solo: «Non si sono presi in considerazione quei lavoratori che hanno sottoscritto accordi di esodo privi dell’ufficialità e dei criteri previsti dalla nuova disciplina, successiva all’accordo stesso, quali il coinvolgimento dei sindacati nazionali o del ministero del lavoro per conferirgli validità. Occorre appurare quanti siano con precisione. Non si può lasciare a piedi nessuno». La Cgil i suoi conti se li è fatti. E il risultato si discosta, e di parecchio, da quelli del governo.
«Dalla verifiche che abbiamo effettuato sul territorio, sono sicuramente più di 300mila. Il governo, quindi, dovrà anzitutto spiegarci, nel dettaglio, come ha recuperato e analizzato i dati». Resta da capire, laddove fosse dimostrato che sono qualche centinaia di migliaia, se la Cgil accetterà che si ponga una pezza al problema consentendo loro di accedere all’Aspi. «L’unica strada accettabile – conclude la Cantone – sarà quella che consentirà loro di godere del rispetto degli accordi precedenti alla riforma».
(Paolo Nessi)