Emma Marcegaglia bacchetta Mario Monti sulla riforma del mercato del lavoro direttamente dalle pagine del Financial Times, sottolineando: “Il testo è pessimo. Non è quello che abbiamo concordato”. Il presidente del Consiglio ribatte seccato dagli schermi del TG1: “Marcegaglia definisce il testo della riforma pessimo, che non è un understatement. Si prenda le responsabilità di quello che ha detto”. Le modifiche all’articolo 18, giudicate non adeguate dalla numero uno di Confindustria, scatenano lo scontro tra governo e industriali. Per Francesco Forte, economista ed ex ministro delle Finanze, «l’impostazione ideologica del governo Monti emerge soprattutto dalla stretta sulle partite Iva e dall’incremento delle imposte per i contratti a tempo determinato. L’idea che ci debba essere un contratto di lavoro uguale per tutti fa a pugni con una società libera, che si basa in realtà sull’ordine spontaneo delle cose di cui ha parlato il premio Nobel per l’economia Von Hayek, o sui valori della Provvidenza di Manzoni e Rosmini».
Professor Forte, qual è l’effetto complessivo del testo di riforma del mercato del lavoro?
La riforma introduce due novità di principio importanti. La prima è che si stabilisce che come regola generale, non c’è più la riassunzione del lavoratore licenziato ma l’indennità. Dunque l’articolo 18 torna alla sua stesura originaria di protezione contro le discriminazioni, cioè al diritto a non essere licenziati per motivazioni sindacali, politiche e civili. E’ una rottura simbolica, che mette fine all’assistenzialismo che caratterizza attualmente l’articolo 18.
I licenziamenti per infrazioni disciplinari non saranno invece più coperti dall’articolo 18…
L’espressione “infrazioni a obblighi disciplinari” è una terminologia chiaramente di ispirazione marxista per indicare che le intese tra aziende e lavoratori sono di per sé una forma di sfruttamento. Mentre il concetto normale sarebbe “violazione del rapporto contrattuale”. Il ripetuto assenteista sta violando un obbligo contrattuale in cui ciascuna delle due parti è pari all’altra. Utilizzando San Tommaso d’Aquino, si può parlare di violazione delle regole della giustizia commutativa.
Quali altre novità introduce la riforma del mercato del lavoro?
La seconda novità è che il governo non ha contrattato con le parti sociali, ma ha elaborato un testo in modo autonomo. Quindi ha stabilito per la prima volta che le parti sociali si consultano, ma poiché non siamo nel diritto corporativo bensì democratico l’ultima parola spetta al governo controllato dal Parlamento. Il governo rappresenta infatti una coalizione di elettori, e i cedimenti sull’attuale riforma del lavoro non sono stati determinati dalle parti sociali bensì dai partiti. Ciò che è deprecabile è che la base elettorale del governo è costituita da una coalizione di cui il Pd è ipocritamente parte. Ha voluto entrarci perché voleva mettere il naso nelle stanze del potere e umiliare Berlusconi, ma ora non è in grado di adempiere ai doveri che abbiamo tutti di compiere dei sacrifici per fare in modo che spread e debito pubblico si riducano.
Gli interventi del governo Monti sulla flessibilità in entrata penalizzano l’occupazione?
Su questo nella riforma del lavoro c’è una serie di errori che dipendono dal Dna del Pd che ha sempre avversato la legge Biagi. Ma dipendono in parte anche dal Dna di Elsa Fornero, perché la teoria che il ministro ha sempre sostenuto è quella del contratto unico nazionale, e non del contratto a misura d’uomo della legge Biagi. Il fatto di scoraggiare i contratti a termine e immaginare che le partite Iva siano un imbroglio, appartiene alla stessa cultura di diversi membri di questo governo. Io ho sempre trovato aberrante che ci sia qualcuno che stabilisce che esiste un solo modello, che è l’unico a essere giusto e che bisogna cercare di opporsi a quanti ne vogliono uno diverso anche se non danno fastidio a nessuno. In questo senso l’attuale governo non è affatto liberale, perché lo spirito liberale ha due radici: l’ordine spontaneo dell’economista Friedrich von Hayek o la realtà delle cose naturali in cui ci possono essere, secondo l’interpretazione di Manzoni e Rosmini, i valori della Provvidenza. E’ qualcosa cioè che non nasce dal cervello di un individuo superiore, ma dagli uomini organizzati nella società e dallo spirito della libertà che è l’ordine spontaneo. Fortunatamente non è un ordine di lupi, e quindi fa emergere regole cui i singoli nella loro libertà si adeguano.
Questa riforma sarà in grado di attrarre gli investimenti delle imprese straniere?
Questa riforma non creerà uno spiraglio immediato per nuovi investimenti, ma un’inversione di tendenza politica che nel medio o lungo termine può produrre effetti positivi, anche se non certamente nell’arco di pochi anni. Se però il Parlamento non provvede per partite Iva, pensionati e contratti a tempo determinato, ci sarà comunque un terremoto sociale facendo abortire questi tentativi di rimandare nell’economia sommersa persone che fanno un lavoro con liberi contratti di diritto privato. Se non ci pensa infatti il Parlamento, lo farà la protesta sociale che sarà particolarmente aspra in un periodo così difficile. I nuovi indignati saranno quindi le partite Iva, i lavoratori a termine, gli anziani che devono pagare mostruosi contributi senza avere in cambio nessuna pensione.
La luna di miele tra Confindustria e governo è definitivamente tramontata o si tratta di uno scontro temporaneo?
In primo luogo, se perderà la battaglia delle partite Iva e dei contratti a termine, Confindustria si scinderà e molti ne usciranno. La parte che si sta scontrando con il governo è quella che si aspettava da questo esecutivo una linea più fedele alle sue impostazioni ideologiche, e quindi si sente tradita. In definitiva l’attuale Confindustria voleva un governo che facesse le tradizionali politiche a favore delle grandi imprese, dei monopolisti e degli accordi sindacali, a spese del contribuente, con il sostegno della Cgil. E’ questa l’associazione degli industriali che ha voluto il governo Monti. Poi ha scoperto queste aspettative erano infondate per un governo tecnico che però ha anche il voto dei partiti di centrodestra, che comunque si trova di fronte a delle oggettive situazioni europee, e che soprattutto ha un premier che non intende fare la stessa fine di Romano Prodi. E così la luna di miele tra Confindustria e governo è tramontata.
(Pietro Vernizzi)