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L’attuale Riforma del lavoro, concepita con il lodevole intento di costituire un importante fattore di sviluppo per il Paese, mediazione dopo mediazione sta vieppiù arenandosi in una palude di interessi autoreferenziali e ideologici che ne stanno totalmente snaturando gli originali intendimenti. Se si prosegue in questa direzione, c’è addirittura da augurarsi che il Parlamento la blocchi! Ma ripercorriamo attraverso un esempio eclatante come un punto della Riforma, nato per favorire la crescita, si stia trasformando in un patetico autogol.
Per generare sviluppo e rendere più produttivo il nostro Paese si era giustamente sostenuto da più parti che l’inserimento stabile dei giovani nel mondo del lavoro, attraverso percorsi formativi adeguati e con contratti in grado di dare loro la necessaria continuità, costituisse uno degli elementi fondamentali e prioritari per una sana crescita del nostro sistema. In questo modo si sarebbe andati nella direzione di ridurre l’ingiusto dualismo tra chi è dentro e chi è fuori dal mercato del lavoro.
Si era inoltre individuato uno strumento – l’apprendistato – che aveva trovato tutti d’accordo: Confindustria, sindacati, Governo e partiti politici. Tutti, nessuno escluso, si erano espressi positivamente su questo strumento con dichiarazioni entusiastiche nei confronti di quello che la riforma avrebbe dovuto indicare come il percorso privilegiato per instaurare rapporti di lavoro subordinato a tempo indeterminato.
Per tutti gli attori in gioco l’apprendistato – ancora poco diffuso e troppo complesso da utilizzare – andava fatto evolvere, con attenzione particolare alla sua intrinseca capacità formativa, per renderlo in grado di corrispondere agli effettivi bisogni delle imprese e allo stesso tempo di far crescere l’occupabilità delle persone. In quest’ottica, il contratto di somministrazione è stato considerato un positivo supporto all’utilizzo dell’apprendistato e le Agenzie per il lavoro (Apl) percepite come un valido aiuto alla sua corretta implementazione, perché capaci di sopperire alla mancanza di competenze delle aziende nella gestione amministrativa, nei progetti formativi e per la loro potenzialità di diffusione della conoscenza di questo strumento.
Tutto bene, dunque? Sì, fino all’accordo sindacale inerente l’apprendistato in somministrazione! Si è giunti infatti a definire che, sia nel caso di apprendistato in somministrazione a tempo determinato, sia a tempo indeterminato, l’importante fosse stabilire regole chiare di utilizzo e mettere il mercato nelle migliori condizioni per decidere quale delle due modalità applicative preferire. Qui sono cominciati i “distinguo”. Nel caso dell’apprendistato in somministrazione a tempo determinato è emerso il timore – ragionevole – che qualcuno potesse usare in maniera impropria questa opportunità, utilizzando la somministrazione per periodi brevi e avvalendosi di un contratto a più basso costo.
Questa ipotesi è stata ora emendata dal Pd e resa non più praticabile. Generando così un grave problema: attualmente, infatti, la somministrazione a tempo indeterminato – unica possibilità residua per la somministrazione di apprendisti – è consentita solo per alcune attività; ne sono invece escluse quelle che rappresentano il 90% della reale potenzialità di utilizzo del contratto di apprendistato. Sarebbe a questo punto assolutamente logico pertanto – quale complemento del divieto all’utilizzo della somministrazione a tempo determinato – sbloccare la fruibilità della somministrazione a tempo indeterminato in tutti i settori a fronte di assunzioni effettuate in apprendistato.
Ma qui la Cgil – che si dichiara favorevole all’apprendistato anche in somministrazione – da un lato è contraria all’uso della somministrazione a termine di apprendisti, dall’altro è altresì contraria, per ragioni esclusivamente ideologiche, alla somministrazione a tempo indeterminato tout court, e per questo sta paralizzando tutto, bloccando in tal modo “l’ultimo miglio”. Fatto davvero imprevedibile, trova nel professor Tiraboschi – paladino dell’apprendistato – un incredibile alleato in questa inverosimile posizione che sostiene un principio in teoria per poi negarne di fatto la praticabilità!
Sul tema in oggetto questo è il punto decisivo che la riforma deve sciogliere: vogliamo diffondere realmente l’apprendistato in somministrazione, liberalizzando per questa tipologia contrattuale la causale della somministrazione a tempo indeterminato? È possibile che né al Pd, né al Pdl i giovani in cerca di lavoro interessino? E che Cisl e Uil non si accorgano di quanto sta accadendo? Qual è, a oggi, il rischio in termini di risultato di questa incredibile vicenda? Che la situazione di immobilismo finisca con l’andare bene a tutti per quieto vivere, proprio perché destinata a non cambiare davvero nulla! Ma così ci troveremmo nell’impossibilità pratica di sviluppare l’apprendistato in somministrazione, con conseguente rallentamento nella diffusione dello strumento e grave tradimento delle premesse della riforma.
Sconfitti i giovani, sconfitte le imprese, sconfitto l’apprendistato, le Agenzie per il lavoro, il Paese! C’è qualcuno a cui tutto ciò importa davvero?